Tribunale di Firenze, III sez. penale, 12 ottobre 2018 – depositata il 21.5.2019, n. 4401.
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Oggetto del provvedimento.
Il Giudice assolve con formula piena il datore di lavoro delegato e il preposto di una Società per Azioni produttrice di scaffalature metalliche e componibili dall’accusa di aver cagionato lesioni colpose ad un dipendente in violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
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Il contenuto del provvedimento.
I due imputati venivano condotti a giudizio a seguito di un incidente avvenuto ad un dipendente sul luogo di lavoro. Quest’ultimo, dopo alcune ore di lavoro, una volta accortosi di un malfunzionamento al macchinario al quale stava lavorando, inopinatamente, si recava presso un apposito gabbiotto ove notoriamente potevano accedere ed operare solo i manutentori esperti, decidendo di risolvere autonomamente (con l’aiuto di un collega) il guasto tecnico. In quell’occasione si schiacciava la mano sinistra procurandosi lesioni da cui derivava una malattia di 53 giorni.
L’accusa ai due soggetti, tratti evidentemente a giudizio in ragione della posizione di garanzia da essi rivestita, era quella di non aver apposto sulla macchina di produzione la segnaletica di sicurezza in ossequio alle norme di prevenzione di cui al D. Lgs. 81/2008 e aver permesso alla persona offesa di effettuare personalmente operazioni di manutenzione sul macchinario di produzione che si era bloccato per la fuoriuscita di una cinghia di trasmissione dalla puleggia.
Ebbene, l’istruttoria ha avuto modo di chiarire come i due imputati abbiano rispettato tutte le norme di legge e l’azienda fosse perfettamente organizzata tanto che nessun profilo di colpa specifica (tanto meno generico) in relazione all’evento verificatosi poteva essere loro attribuito, essendo il fatto riconducibile unicamente alla condotta imprevedibile ed abnorme della persona offesa, la quale aveva consapevolmente trasgredito alle direttive aziendali di cui era perfettamente a conoscenza. Ed, infatti, la difesa ha dimostrato inequivocabilmente come i due imputati avessero operato con estrema professionalità nel corso degli anni, in ossequio alle prescrizioni e agli obblighi imposti dal D. Lgs 81/08.
Nello specifico è emerso come all’epoca dei fatti un imputato era il dirigente dell’unità produttiva (datore di lavoro delegato), l’altro il preposto della medesima unità. Il primo, investito ufficialmente dei poteri direttivi ad organizzativi, aveva dato disposizioni per aggiornare e migliorare i livelli di prevenzione degli infortuni all’interno dell’azienda conformemente alle prescrizioni del D. Lgs 81/08. In particolare, il datore di lavoro delegato aveva provveduto ad implementare la dotazione dei mezzi a tutti gli operai, e a rafforzare i processi formativi del personale sia mediante l’adozione di un processo manageriale elaborato da una società di consulenza esterna, sia mediante la somministrazione a tutti i dipendenti di un piano formativo attuato da una nota società specializzata in materia di sicurezza sul lavoro. Il secondo, appositamente formato con regolari corsi annuali, era stato nominato (per iscritto) con lo specifico compito exart. 19 D. Lgs. 81/2008 di sovrintendere e monitorare affinché tutti i lavoratori osservassero le disposizioni di legge ed aziendali in materia di salute e sicurezza, nonché di vigilare affinché soltanto i lavoratori appositamente istruiti e formati accedessero alle zone di rischio specifico.
Per quanto, invece, attiene alla macchina di produzione, essa è risultata adeguata alla direttiva CE n. 42/2006 e puntualmente presa in considerazione nel documento di valutazione del rischio (DVR) ove, nella scheda pertinente, era considerato e disciplinato lo specifico rischio di “schiacciamento e taglio” presso i punti di regolazione e manutenzione. Nel manuale d’uso e manutenzione, infine, era specificatamente prescritto che le operazioni di pulizia, manutenzione e riparazione dovevano essere effettuate esclusivamente dagli installatori o manutentori a macchina ferma e con l’energia elettrica scollegata, ovvero da tecnici qualificati, ma non certo dal personale che lavorava alla linea.
Inoltre, il processo ha dimostrato come l’organizzazione aziendale avesse provveduto a formare gli operai addetti a tali macchinari; in particolare, è stato riscontrato che la persona offesa aveva seguito i corsi di formazione nei due anni precedenti ai fatti contestati ed era stata addestrata alla conduzione del macchinario da operai esperti; per di più l’infortunato sapeva che i guasti dovevano essere gestiti dai manutentori, peraltro sempre presenti (mediante turnazione) nello stabilimento e raggiungibili anche telefonicamente al cordlessdi cui erano dotati. E’, altresì, emerso che la linea cui era addetta la persona offesa da ben 5 anni risultava recintata da una barriera metallica e provvista di due cancelletti d’accesso, ciascuno con affissi cartelli di divieto di ingresso ai non autorizzati e divieto di operare sugli organi in movimento.
Purtuttavia, come già osservato in premessa, la persona offesa decideva – deliberatamente – di trasgredire a tutte le misure di prevenzione adottate sul luogo di lavoro e delle quali era perfettamente a conoscenza (al pari degli altri operai), tanto è vero che prima di operare in autonomia, senza richiedere l’intervento del personale addetto e specializzato agli interventi di riparazione, aiutato da un collega, si dirigeva verso il gabbiotto riservato ai manutentori, circostanza che dimostrava l’intenzionalità della sua condotta, a dispetto delle regole date ed in spregio alla sorveglianza del preposto, la cui presenza in azienda il giorno dell’infortunio è stata provata senza margini di dubbio.
Per il giudice, dunque, l’imprevedibilità e l’abnormità del comportamento della persona offesa, debitamente formata – ma non competente ad effettuare riparazioni sulla macchina di lavoro non essendo soggetto qualificato ed autorizzato – esonera da qualsivoglia responsabilità i due imputati, tenuto conto anche del fatto che i manutentori, che avrebbero invece potuto e dovuto riparare il guasto, erano nelle vicinanze del macchinario, oltre che facilmente raggiungibili. D’altronde, secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza consolidata “in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore faccia venir meno la responsabilità del datore di lavoro, occorre un vero e proprio contegno abnorme del lavoratore medesimo, configurabile come un fatto assolutamente eccezionale e del tutto al di fuori della normale prevedibilità, quale non può considerarsi la condotta che si discosti fisiologicamente dal virtuale ideale” (Cass. Pen., sez. IV, 14/03/2014, n. 22249). Analogamente, “l’esonero di responsabilità del datore di lavoro presuppone comunque l’adempimento di tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia” (da ultimo, Cass. Pen., Sez. VII, 15/5/2019, n. 20927).
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Collegamenti con altre pronunce
Cass. Pen., sez. VII, 15/5/2019, n. 20927; Cass. Pen., sez. IV, 23/01/2019, (ud. 23/01/2019, dep. 06/05/2019), n. 18779; Cass. Pen., sez. IV, 17/01/2017, n. 10265; Cass. Pen., sez. IV, 14/03/2014, n. 22249; Cass. Pen., sez. IV, 10/10/2013 Ud. (dep. 19/02/2014);
Avv. Francesco Dalaiti