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Tribunale di Bologna, Giudice Monocratico, ud. 13 novembre 2014

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Oggetto del provvedimento

La sentenza di assoluzione riguarda il decesso per neoplasia polmonare di un dipendente di una ditta di facchinaggio chiamata ad operare presso i magazzini di un’azienda che lavorava amianto. Imputati erano il datore di lavoro del lavoratore e il legale rappresentante della ditta che lavorava amianto.

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Contenuto del provvedimento

La pronuncia si confronta con un’ipotesi accusatoria in cui si contestava ai due datori di lavoro delle due diverse aziende, in cooperazione colposa, la colpa generica ed un profilo di colpa specifica, consistito nella violazione delle norme vigenti all’epoca della presunta esposizione a polveri di amianto senza le  adeguate protezioni (1977 – 1979).

In particolare, ad entrambi gli imputati si rimproverava la carenza di informazione ai lavoratori sui rischi specifici dell’esposizione con le polveri di amianto, la mancata conseguente formazione sulle modalità con cui prevenire i danni derivanti dal contatto con i rischi suddetti, nonché di non aver fornito gli adeguati dispositivi di protezione individuale o comunque di non aver puntualmente preteso che questi venissero utilizzati dai lavoratori.

Al datore di lavoro dell’infortunato veniva poi specificatamente rimproverato la mancata sottoposizione del lavoratore alla dovuta sorveglianza sanitaria ed al legale rappresentante della ditta committente la mancata adozione dei necessari presidi volti ad eliminare o quanto meno a ridurre il fattore di rischio costituito dall’esposizione alle polveri di amianto.

Si costituivano parte civile gli eredi della persona offesa, nominando un consulente tecnico medico-legale, così come facevano le difese degli imputati. Il contraddittorio medico-legale ha riguardato la sussistenza di un nesso di causa tra la patologia che aveva determinato il decesso del lavoratore (un “comune” carcinoma polmonare”, peraltro insorto in soggetto fumatore) e l’esposizione all’amianto.

L’istruttoria in senso stretto si è incentrata invece sull’audizione della figlia della vittima e dei colleghi di lavoro al fine di ricostruire le esatte modalità del lavoro stesso, con riferimento specifico alla storia lavorativa del lavoratore deceduto, alla frequenza dei turni presso la ditta che produceva amianto e alle concrete modalità di gestione dell’amianto stesso da parte, in generale, di tutti i facchini impegnati presso detta azienda.

A seguito delle risultanze di tale istruttoria dibattimentale, il Tribunale assolveva entrambi gli imputati per l’impossibilità di stabilire con certezza il concreto livello di esposizione del lavoratore al fattore di rischio per mancanza di rilevazioni attendibili sul punto e per l’impossibilità di ricostruire con certezza la reale frequenza di presenza del lavoratore presso la ditta che lavorava l’amianto (periodo che comunque era stato di breve durata).

Tale carenza probatoria precede e rende superflua l’ulteriore valutazione medico-legale circa la sussistenza del nesso di causa, ponendosi dunque come elemento probatorio indefettibile in casi, come quello qui esaminato dal giudice, di patologie tumorali prive di asbestosi ed in cui l’esposizione all’amianto si pone eventualmente come mero fattore concausale, anche in assenza di evidenze epidemiologiche degne di nota (peraltro, il lavoratore aveva a lungo lavorato in precedenza, negli anni Settanta, come operaio edile, risultando quindi verosimilmente esposto già in quella fase al rischio amianto).

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Collegamenti con altre pronunce

Nella vasta produzione giurisprudenziale sulla questione più generale dell’accertamento della causalità nelle ipotesi di esposizione ad amianto, si rinvia, per brevità, alla nota e significativa sentenza “Cozzini”: Cass., Sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, in Cass. pen., 2011, p. 1679 ss. , con nota di R. Bartoli. Per ulteriori riferimenti si rinvia, per es., a S. Zirulia, Il caso Eternit: profili generali in tema di amianto e responsabilità penale, in L. Foffani, D. Castronuovo, Casi di diritto penale dell’economia, vol. II, Impresa e sicurezza, il Mulino, Bologna, 2015, p.73 ss.

La Redazione


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