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Corte d’Appello di Bologna, II Sez. Penale, 15 dicembre 2015, n. 5221.

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Oggetto del provvedimento:

La sentenza manda assolti i datori di lavoro imputati di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ritenendo interrotto il nesso causale dal c.d. comportamento abnorme dei dipendenti impegnati nella pulizia di una cisterna.

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Contenuto del provvedimento

La sentenza in commento, dopo un’attenta ricostruzione dello svolgimento dei fatti, come risultante dall’istruttoria dibattimentale di primo grado, riforma la sentenza del Tribunale di Bologna, Sezione distaccata di Imola, mandando assolti i datori di lavoro sia dell’impresa appaltante, che di quella appaltatrice, dal reato di omicidio colposo del dipendente di quest’ultima, ritenendo che nel caso di specie l’esito infausto sia stato causato esclusivamente dall’erronea convinzione del dipendente circa il fatto che il luogo di lavoro – uno spazio confinato sul quale erano stati commissionati i lavori di pulizia – non fosse a rischio.

Per giungere a tale conclusione, la Corte, da un lato, riafferma preliminarmente il principio generale per il quale il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., è destinatario dell’obbligo di accertarsi e vigilare che i dipendenti si attengano alle direttive impartite, che non commettano imprudenze e che facciano corretto uso delle misure protettive, così dovendo evitare che gli stessi non compiano scelte irrazionali, o comunque colpose, tali da poterne pregiudicare l’integrità psicofisica; dall’altro, ritiene che, nel caso di specie, la condotta della persona offesa sia stata del tutto eccezionale (rectius abnorme) rispetto alle direttive ricevute e alle consuete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, così da integrare la causa esclusiva dell’evento, in quanto tale idonea ad esonerare i datori di lavoro da qualsiasi responsabilità.

Era infatti emerso che la persona offesa, mentre stava effettuando la pulizia all’interno di una vasca per la raccolta e lo smaltimento delle acque reflue, levatasi la maschera per la respirazione,  si veniva a trovare in una situazione di carenza di ossigeno che determinava un’alterazione del suo stato di coscienza. Tentava quindi di uscire dalla vasca adoperando una scala di risalita non a norma (ma comunque idonea a consentirgli di uscire dalla cisterna), salvo poi precipitare proprio a causa del malore e dell’omesso utilizzo dei sistemi anticaduta di cui era stata correttamente dotata.

In particolare il Giudice di seconde cure, a fronte di un primo orientamento giurisprudenziale che, per dare rilevanza causale esclusiva alla condotta del lavoratore, pretendeva che il comportamento fosse posto in essere in un ambito estraneo alle mansioni affidategli, e, pertanto, concettualmente al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro, ritiene di dover aderire a quella diversa tesi per la quale occorre ritenere come causalmente rilevanti anche quelle condotte che rientrano nelle mansioni che sono proprie del lavoratore, ma consistano “in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro”.

La Corte d’Appello definisce quindi come abnorme quel comportamento del dipendente che risulti del tutto imprevedibile, e tale da porsi al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione delle misure di prevenzione degli infortuni, e non anche quello, pur sempre irrazionale, ma probabile, ipotizzabile, e, conseguentemente, controllabile.

Poste tali premesse in diritto, la Corte procede a valutare se il comportamento imprudente dei vari operai intervenuti nell’esecuzione del contratto di appalto sia stato in qualche modo prevedibile, e quindi evitabile mediante il rafforzamento della vigilanza circa l’uso di idonee misure protettive.

Dopo aver affermato che i datori di lavoro avevano correttamente previsto le possibili imprudenze dei lavoratori e avevano regolarmente predisposto adeguate misure di sicurezza, ritiene che non sarebbe stata in alcun modo ipotizzabile la contestualità di tutta quella serie di imprudenze commesse dalla persona offesa, che, nel caso in esame, hanno attivato una “sfortunata e anomala catena di varianti rispetto alla regolare osservanza della procedura operativa”, tale da costituire causa esclusiva dell’inevitabile evento mortale.

(Da ultimo, anche per ulteriori riferimenti, sui profili relazionali della colpa nelle ipotesi di comportamento erroneo del lavoratore, Castronuovo, Fenomenologie della colpa in ambito lavorativo. Un catalogo ragionato, in DPC, 25 maggio 2016).

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Collegamenti con altre pronunce

Cass. Pen., Sez. IV, 14 marzo 2014, n. 22249, Rv. 259227; Cass. pen., Sez. IV, 28 aprile 2011, n. 23292, Rv. 250710; Cass. pen., Sez. IV, 3 giugno 2004, n. 40164/04 Giustiniani; Cass. Pen., Sez. IV, 27 novembre 1996, n. 952 Maestrini

Avv. Francesco Gaspardini


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