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Corte d’Appello Roma, Sezione 3ª penale, 1 aprile 2016, n. 1765.

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Oggetto del provvedimento

La sentenza in commento appare di particolare interesse in quanto, riguardando un caso di pagamento di una tangente ad un pubblico ufficiale in seguito alle pressioni abusive esercitate da quest’ultimo, consente di ritornare sul dibattuto[1] tema della distinzione tra le fattispecie di concussione di cui all’art. 317 c.p. e induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’art. 319-quater c.p., anche al fine di verificare le applicazioni giurisprudenziali dei criteri distintivi elaborati dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione a distanza di qualche anno dalla pubblicazione della nota sentenza Maldera[2].

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Contenuto del provvedimento

La sentenza della Corte d’Appello di Roma ha ad oggetto la vicenda che, secondo la descrizione dei fatti contenuta nell’imputazione, vede coinvolto l’Assessore alla Sanità della Giunta della Regione Lazio il quale, abusando della sua qualità e del suo potere, avrebbe paventato al titolare di una società di vigilanza privata la possibilità di intervenire sul direttore generale dell’Ospedale San Giovanni di Roma affinché non venisse stipulato il contratto per il servizio di vigilanza privata per l’Ospedale San Giovanni, seppure la relativa gara di appalto fosse stata già aggiudicata dalla società in questione. In questo modo, l’imputato avrebbe determinato il titolare della società di vigilanza a promettere e, quindi, a consegnare indebitamente la somma di 200.000 euro per scongiurare il verificarsi delle conseguenze sfavorevoli prospettate. Secondo la qualificazione operata nell’imputazione il fatto andrebbe ascritto nell’ambito del delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p.

La ricostruzione operata nella sentenza di primo grado si fonda principalmente sulle dichiarazioni testimoniali rese dall’imprenditore che, originariamente indagato nell’ambito di una più ampia vicenda corruttiva che ha riguardato numerosi politici regionali e dirigenti sanitari, afferma di aver richiesto di sua iniziativa un incontro con l’Assessore, in quanto «preoccupato di una certa ostilità della Giunta regionale nei suoi confronti, considerato che alcuni precedenti contratti della sua società controllati dalla Regione Lazio non erano stati rinnovati». Nell’ambito di tale incontro l’Assessore avrebbe prospettato delle possibili ‘difficoltà’ in relazione alla stipula del contratto di appalto conseguente all’aggiudicazione provvisoria della gara per i servizi di vigilanza dell’Ospedale San Giovanni, alludendo alla opportunità di un «gesto di buona volontà nei confronti della Giunta». Dopo un’ulteriore occasione in cui l’assessore avrebbe ribadito che l’evoluzione della situazione sarebbe dipesa da un comportamento dell’imprenditore diretto a rimuovere la “fase di stallo”, tra i due vi sarebbe stato un terzo incontro in cui il titolare della società avrebbe consegnato la somma di denaro all’Assessore, accompagnandola con la richiesta di un clima “più leggero” e di poter avere delle “possibilità” nelle gare in cui avesse partecipato. Il testimone, infine, afferma che dopo la consegna del denaro sarebbe stato prontamente chiamato per la firma del contratto di appalto per la gestione della sorveglianza presso l’Ospedale San Giovanni Addolorata.

Lo svolgimento dei fatti secondo le modalità descritte risulterebbe confermato dai contenuti delle altre dichiarazioni testimoniali e da ulteriori risultanze investigative.

Il tribunale, nell’affrontare la questione della qualificazione dei fatti in esame nell’ambito del delitto di concussione di cui all’art. 317 ovvero di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’ art. 319-quater, si sarebbe conformato, secondo quando si legge nella sentenza della Corte d’Appello, al criterio della «intensità della pressione psicologica esercitata dal pubblico agente coniugata con il tipo di vantaggio perseguito dalla persona offesa». Sulla base di tale criterio i giudici, riqualificano il fatto nell’ambito del delitto di induzione indebita di cui all’art. 319 quater, affermando «l’insussistenza di una coartazione psicologica idonea a sottomettere del tutto la volontà della persona offesa senza lasciarle alcun margine di scelta, essendosi la condotta dell’imputato sostanziata in una pressione non irresistibile che ha lasciato alla controparte un margine di autodeterminazione». Il vantaggio indebito perseguito dall’imprenditore, pur in assenza di un’indicazione esplicita in tal senso nella sentenza in commento, andrebbe individuato nel fatto di «assicurarsi il positivo esito della procedura e più in generale la possibilità di aggiudicarsi altri contratti».

Il Tribunale,  infine, ha accolto la domanda risarcitoria dell’imprenditore che ha versato la somma ritenendo che, pur a fronte della punibilità del soggetto indotto attualmente prevista dall’art. 319-quater, co. 2, c.p., non verrebbe meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno a favore di colui che, al momento della commissione del fatto, era da considerarsi persona offesa dal reato, al quale non può applicarsi la nuova disposizione, perché più sfavorevole.

La Corte d’Appello dichiara infondato sia l’appello del P.M., che censurava la sentenza impugnata per la mancata qualificazione del fatto come concussione nonostante nella prospettazione dell’Assessore fossero ravvisabili gli estremi della minaccia di un male ingiusto, sia quello dell’imputato, che — oltre a sollevare diverse questioni processuali inerenti le dichiarazioni testimoniali — chiedeva l’assoluzione per non aver commesso il fatto ovvero, in via subordinata, la riqualificazione dello stesso nei delitti di corruzione propria e finanziamento illecito ai partiti politici o, infine, la riduzione della pena applicata, anche in virtù di un diverso giudizio di bilanciamento delle circostanze. Viene confermata, quindi, la motivazione della sentenza di primo grado che viene riformata solo in ragione della intervenuta prescrizione del reato contestato.

I profili di maggiore interesse della decisione in esame riguardano il percorso motivazionale seguito dalla Corte per confermare la sussunzione del fatto nella fattispecie di induzione indebita. In particolare, i giudici, dopo aver richiamato il criterio discretivo tra concussione e induzione elaborato dalla nota pronuncia delle Sezioni unite sul tema, ritengono che nel caso di specie la condotta dell’imputato sia consistita in una pressione non irresistibile, che ha lasciato all’imprenditore «un significativo margine di autodeterminazione, collegato al perseguimento di un vantaggio da parte di quest’ultimo, in relazione alla stipula del contratto definitivo per la gara presso l’Ospedale San Giovanni Addolorata, oltre che ad un generale miglioramento dei rapporti lavorativi con la Giunta Regionale».

La Corte perviene a tale esito valorizzando, in primo luogo, l’intensità della pressione, poiché la prospettazione di influire negativamente sulla stipula del contratto sarebbe stata realizzata attraverso una «condotta induttiva, suggestiva e persuasiva» posta in essere «in forma blanda» in modo da determinare «uno stato di soggezione e di timore», ma «mai idonea a determinare una vera costrizione». Il destinatario della pressione abusiva, infatti, a detta della Corte avrebbe mantenuto «la libertà di autodeterminarsi in ordine alla possibilità di aderire alle indirette, ma chiare, richieste dell’imputato, suo assessore regionale di riferimento, o di perdere anche l’appalto per il quale aveva conseguito l’aggiudicazione».

Non viene esplicitato, invece, in cosa consisterebbe il vantaggio indebito perseguito dall’indotto, pur trattandosi di un elemento costitutivo implicito della fattispecie induttiva che giustifica la scelta della punibilità del privato che versa in una situazione di soggezione compiacente. In particolare non viene specificato se tale vantaggio debba individuarsi nella certezza della stipula del contratto definitivo a seguito della aggiudicazione ovvero nel generico “miglioramento dei rapporti lavorativi” con la Giunta, o ancora in entrambe le situazioni descritte.

La sentenza, infine, conferma le statuizioni civili contenute nella sentenza di primo grado,  affermando come la condotta dell’imputato abbia realizzato «una lesione significativa di diritti costituzionalmente garantiti, quali la libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., oltre che della legittima aspettativa dei privati ad una amministrazione imparziale e trasparente» e cagionando un danno patrimoniale, pari all’entità della somma illecitamente conseguita, e non patrimoniale.

La sentenza in commento non sembra né utilizzare correttamente i criteri elaborati dalle Sezioni unite per distinguere le fattispecie di concussione da quelle di induzione indebita, né tantomeno seguire in modo coerente un criterio diverso.

In primo luogo, non si interroga sulla natura del male prospettato dal pubblico ufficiale, il che rappresenta un passaggio logico indispensabile per stabilire se la prospettazione realizzi o meno una minaccia, da cui dipende la definizione della condotta come costrittiva o induttiva[3].

Da quanto può ricavarsi dalle motivazioni sembra, infatti, che il male prospettato, sia pure in forma implicita o allusiva, dal pubblico ufficiale possegga i caratteri dell’ingiustizia: pur non potendo approfondire la questione della natura della posizione giuridica soggettiva dell’aggiudicatario in presenza di un aggiudicazione provvisoria o di un’aggiudicazione definitiva ma prima della stipula del contratto[4], occorre comunque chiarire che la p.a. in tali fasi non vanta una assoluta libertà di agire nell’esercizio dei poteri di autotutela che «incontra un limite insuperabile nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, alla cui puntuale osservanza è tenuta anche la pubblica amministrazione, e nella tutela dell’affidamento ingenerato»[5]. La PA anche nella sola fase della aggiudicazione provvisoria è comunque tenuta a «fornire una adeguata motivazione in ordine alla natura e alla gravità delle anomalie contenute nel bando o verificatesi nel corso delle operazioni di gara o comunque negli atti della fase procedimentale che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela, motivazione che costituisce del resto lo strumento per consentire il sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo»[6]. Pertanto, la prospettazione di non meglio precisate difficoltà per procedere dall’aggiudicazione provvisoria a quella definitiva e quindi alla stipula del contratto si traduce nella  minaccia di un esercizio preordinatamente sfavorevole di un potere discrezionale che in quanto tale non è libero nei fini, ma deve essere indirizzato al perseguimento dell’interesse pubblico. Il male minacciato, dunque, non può che qualificarsi come ingiusto, in quanto consisterebbe in un uso deviato del potere discrezionale in senso pregiudizialmente sfavorevole al privato.

Per tali ragioni si deve ritenere che, almeno sotto tale aspetto, il privato abbia ceduto alla pretesa abusiva per evitare un male ingiusto, consistente nella possibile revoca o sospensione dell’aggiudicazione consistente in un esercizio arbitrariamente sfavorevole della discrezionalità amministrativa, e non per perseguire un vantaggio indebito.

Tale conclusione non basta però ad escludere la configurabilità del delitto di induzione indebita in quanto all’obiettivo di scongiurare, attraverso il pagamento, il male ingiusto prospettato potrebbe affiancarsi il perseguimento di un concomitante vantaggio indebito. E’ quanto si verifica nelle situazioni di minaccia-offerta, anche dette di throffer (derivante dalla fusione tra le parole threat (minaccia) e offer (promessa), in cui in cui «la stessa busta piena di contanti rappresenta al contempo un pagamento estorto sotto la minaccia di un trattamento ingiustamente sfavorevole e una tangente ottenuta in cambio della promessa di un trattamento ingiustamente favorevole»[7].

In effetti, come si è detto, nella motivazione si fa riferimento alla finalità di perseguire, mediante il pagamento, «un generale miglioramento dei rapporti lavorativi con la Giunta Regionale». Tale obiettivo sarebbe indubbiamente qualificabile come vantaggio indebito che si affiancherebbe al fine di evitare il male ingiusto consistente nella mancata stipula del contratto. Sulla base di tale ricostruzione si porrebbe quindi il problema della qualificazione di tali situazioni ambivalenti nell’ambito dell’una o dell’altra fattispecie.

Le Sezioni unite della Cassazione, nella sentenza citata, si sono confrontate con tali ipotesi applicative più complesse e ambigue, ammettendo che in queste situazioni «non sempre è agevole affidarsi, quasi in automatico, al modello interpretativo qui privilegiato»[8]. Secondo la Corte, i parametri del danno contra ius e del vantaggio indebito, al fine di evitare “soluzioni confuse”, «devono essere apprezzati, come si è sottolineato in dottrina, non nella loro staticità ma nella loro operatività dinamica, enucleando, sulla base di una valutazione approfondita ed equilibrata del fatto, il dato di maggiore significatività»[9].

In particolare, rispetto alle situazioni di minaccia-offerta le Sezioni unite aderiscono a quello che può definirsi come criterio dell’elemento motivazionale prevalente, secondo cui «è necessario, nell’ipotesi data, accertare se il vantaggio indebito abbia prevalso sull’aspetto intimidatorio, sino al punto da vanificarne l’efficacia, e se il privato si sia perciò convinto di scendere a patti, pur di assicurarsi, quale ragione principale e determinante della sua scelta, il lucroso contratto, lasciando così convergere il suo interesse con quello del soggetto pubblico»[10]. Qualora tale verifica abbia esito positivo, dovrà ritenersi realizzata la fattispecie induttiva; qualora invece dall’indagine emerga «la marginalizzazione del vantaggio indebito rispetto al danno ingiusto», si configurerà il delitto di cui all’art. 317.

Si tratta di un criterio che presta il fianco a numerose critiche, in quanto richiede una complessa indagine motivazionale dagli esiti necessariamente incerti e inoltre fa dipendere la qualificazione del fatto, e dunque la punibilità del privato e il titolo di responsabilità del pubblico ufficiale, dall’esito del conflitto interno al privato[11]. Al fine di evitare gli inconvenienti di un criterio eccessivamente soggettivizzante, si potrebbe tentare di utilizzare un criterio diverso fondato sul bilanciamento degli interessi in conflitto: il bene offeso dal male ingiusto minacciato e il bene offeso dal vantaggio indebitamente perseguito[12]. All’esito di un bilanciamento dinamico, che tenga conto del valore dei beni, dell’intensità e della probabilità di una loro lesione nel caso di specie, l’eventuale prevalenza del bene minacciato su quello offeso dal perseguimento di un vantaggio indebito condurrà all’esclusione della punibilità del privato e al conseguente inquadramento della condotta del pubblico ufficiale nell’ipotesi concussoria e viceversa.

Ad ogni modo, tale problematica non è stata affatto affrontata nella sentenza in commento, ove i giudici non si pongono né il problema di individuare il vantaggio indebitamente perseguito né tantomeno di definirne i rapporti con il male ingiusto minacciato. Invece, applicando entrambi i criteri enunciati per risolvere le situazioni di minaccia offerta si perverrebbe all’esito di affermare la prevalenza del danno ingiusto sul vantaggio indebito, sia in termini di condizionamento psicologico del privato sia in termini di raffronto valoriale. Non può dubitarsi, infatti, che la certezza di un pregiudizio ingiusto concreto e attuale agli interessi interessi patrimoniali connessi alla stipula del contratto per l’appalto aggiudicato abbia un’incidenza motivazionale superiore rispetto al generico “miglioramento dei rapporti con la Giunta”. Lo stesso è a dirsi sotto il profilo del bilanciamento dei beni, trattandosi in questo caso di una lesione certa e grave del patrimonio del soggetto rispetto ad un eventuale e futuro pericolo per l’imparzialità dell’amministrazione regionale[13]. Dunque, anche volendo considerare il fatto come una situazione di minaccia-offerta, lo stesso andrebbe ricondotto, applicando i criteri elaborati dalle Sezioni unite, nell’ambito del delitto di concussione.

La soluzione della Corte d’Appello in verità, pur richiamando i principi di diritto espressi dalle Sezioni unite, sembra in realtà essere informata al tradizionale criterio dell’intensità della pressione[14], come confermato dal riferimento al carattere “blando” della condotta induttiva “inidoneo a determinare una vera costrizione”. La validità di tale criterio è stata esplicitamente sconfessata dalle Sezioni unite, che lo hanno correttamente ritenuto eccessivamente indeterminato ed inidoneo a giustificare sul piano politico-criminale la punibilità dell’indotto[15].

Il problema della erronea applicazione del criterio elaborato dalle Sezioni unite probabilmente risiede proprio nella formulazione dello stesso contenuta nella nota sentenza, che nel perseguire un soluzione eclettica e sincretista ha determinato applicazioni del criterio poco controllabili, che ne tradiscono l’impostazione di fondo.

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Collegamenti con altre pronunce

La principale pronuncia sulla questione dei rapporti tra concussione, induzione indebita e corruzione è certamente la citata sentenza delle sezioni unite Cass. pen., Sez. un., 24 ottobre 2013,  n. 12228, in Guida al diritto, 2014, 15, 15. Sulla necessaria presenza del vantaggio indebito quale elemento costitutivo implicito del delitto di cui all’art. 319-quater c.p., “criterio d’essenza della fattispecie induttiva” da dimostrare in giudizio senza ricorrere a “mere presunzioni o inaffidabili automatismi”, v. Corte d’Appello di Milano, Sez. II, 18.7.2014 (dep. 16.10.2014), imp. Berlusconi,  anche Cass. pen., sez. VI, 10 marzo 2015,  n. 22526, in Cass. pen., 2015, 9, 3052, (caso Berlusconi – Ruby); per un diverso inquadramento della medesima vicenda v. Trib. Milano, 24 giugno 2013, n. 7927, in penalecontemporaneo.it, 26 novembre 2013.

In relazione alle ipotesi di minaccia-offerta (throffer) v. Cass. pen., sez. VI, 12 febbraio 2015, n. 8963 « In relazione al delitto di induzione indebita previsto dall’art. 319 quater c.p., introdotto dalla l. n. 190 del 2012, qualora rispetto al vantaggio prospettato, quale conseguenza della promessa o della dazione indebita dell’utilità, si accompagni anche un male ingiusto di portata assolutamente spropositata, la presenza di un utile immediato e contingente per il destinatario dell’azione illecita risulta priva di rilievo ai fini della possibile distinzione tra costrizione da concussione ed induzione indebita, in quanto, in tal caso, il beneficio conseguito o conseguibile risulta integralmente assorbito dalla netta preponderanza del male ingiusto».

Dott. Marco Gioia


[1] In dottrina, sulla distinzione tra concussione e induzione indebita, v., tra gli altri, A. Alessandri, I reati di riciclaggio e corruzione nell’ordinamento italiano: linee generali di riforma, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 3, 2013, 133 ss.; G. Andreazza – L. Pistorelli, Una prima lettura della l. 6 novembre 2012, n. 190, cit., 1 ss.; G. Balbi, Alcune osservazioni in tema di riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione, cit., 5 ss.; Id., Sulle differenze tra i delitti di concussione e di induzione indebita a dare o promettere utilità. Alcune osservazioni in margine a Cass., Sezioni Unite, 24 ottobre 2013, n. 12228, Pres. Santacroce, Rel. Milo, ric. Maldera, in www.penalecontemporaneo.it, 16 Settembre 2014, 1 ss.; .; E. Dolcini – F. Viganò, Sulla riforma in cantiere dei delitti di corruzione, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 1, 2012, 244 s.; M. Donini, Il cor(reo)indotto tra passato e futuro. Note critiche a SS.UU.24 ottobre 2013 – 14 marzo 2013, n. 29180, Cifarelli, Maldera e A., e alla l. n. 190 del 2012, in Cass. pen., 2014, 1482 ss.; G. Fiandaca, Concussione e induzione indebita tra fatto e prova (nota a Cass., sez. un. pen., 24 ottobre 2013 (ud.); 13 marzo 2014 (dep.), n. 12228), in Foro it., 2014, 551 ss.; M. Gambardella, La linea di demarcazione tra concussione e induzione indebita: i requisiti impliciti del “danno ingiusto” e “vantaggio indebito”, i casi ambigui, le vicende intertemporali (nota a Cass., sez. un. pen., 24 ottobre 2013 (ud.); 14 marzo 2014 (dep.) n. 12228), in Cass. pen., 2014, 2018 ss.; G.L. Gatta, La minaccia. Contributo allo studio delle modalità della condotta penalmente rilevante, Roma, 2013, 211 ss.; Id., La concussione riformata, tra diritto penale e processo. Note a margine di un’importante sentenza delle Sezioni Unite (nota a Cass., sez. un. pen., 24 ottobre 2013 (ud.); 14 marzo 2014 (dep.) n. 12228), in Riv. it. dir. proc. pen., 2014, 1566 ss.; V. Mongillo, L’incerta frontiera: il discrimine tra concussione e induzione indebita nel nuovo statuto penale della pubblica amministrazione, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 3, 2013, 166 ss.; T. Padovani, Metamorfosi e trasfigurazione. La disciplina nuova dei delitti di concussione e di corruzione, in Arch. pen., 2012, 783 ss.; S. Seminara, Concussione e induzione indebita al vaglio delle Sezioni Unite, in Dir. Pen. e Processo, 2014, 546 ss.; A. Sessa, Concussione e induzione indebita: il formante giurisprudenziale tra legalità in the books e critica dottrinaleAlcune osservazioni in margine a Cass., Sezioni unite, 24 ottobre 2013, n. 12228, Pres. Santacroce, Rel. Milo, ric. Maldera, in www.penalecontemporaneo.it, 28 Novembre 2014, 1 ss.; V. Valentini, Dentro lo scrigno del legislatore penale, cit., 118 ss.; Id., Le Sezioni unite e la politica giudiziaria delle dimensioni parallele, in Arch. pen., 2014, 2, 1 ss. In fine sia consentito il rinvio a M. Gioia, Il criterio di distinzione tra concussione e induzione alla prova delle ipotesi di throffer (minaccia-offerta), in Riformulazione-frattura del delitto di concussione ex art. 317 c.p., Atti del workshop tenutosi presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, 14 febbraio 2014, organizzato da DIPLAP, in penalecontemporaneo.it., 12 Giugno 2014, 41 – 66.

[2] Cass. pen., Sez. un., 24 ottobre 2013,  n. 12228, in Guida al diritto, 2014, 15, 15, secondo cui «il reato di cui all’art. 317 c.p., come novellato dalla l. n. 190/2012, è designato dall’abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o – più di frequente – mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno “contra ius”, da cui deriva una grave limitazione, senza tuttavia annullarla del tutto, della libertà di autodeterminazione del destinatario, che, senza alcun vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all’alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell’indebito; invece, il reato di cui all’art. 319 quater c.p. è designato dall’abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di inganno (ma non quando si risolva in induzione in errore sulla doverosità della dazione), di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo pone in una posizione di complicità col pubblico agente e lo rende meritevole di sanzione. Nei casi cd. ambigui – la cd. zona grigia dell’abuso della qualità, della prospettazione di un male indeterminato, della minaccia-offerta, dell’esercizio del potere discrezionale, del bilanciamento tra beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale – gli elementi del danno antigiuridico e del vantaggio indebito che, rispettivamente, contraddistinguono in prima battuta gli illeciti in questione, debbono essere valutati nella loro operatività dinamica all’interno della vicenda concreta in unione con gli ulteriori elementi che vi assumono peculiare significato quali, ad esempio, i beni giuridici in gioco, i principi e valori alla base del settore di disciplina, individuati all’esito di una approfondita ed equilibrata valutazione complessiva del fatto».

[3] V. Cass. Sez. Un., 24 ottobre 2013, cit., § 13.4 e 13.8, secondo cui «la minaccia, in particolare, quale vis compulsiva, ingenera ab extrinseco il timore di un male contra ius, per scongiurare il quale il destinatario finisce con I’aderire alla richiesta dell’indebita dazione o promessa», e § 14.4, ove si afferma che «Il criterio discretivo tra il concetto di costrizione e quello di induzione, più che essere affidato alla dicotomia male ingiusto-male giusto (Sez. 6, n. 3251 del 03/12/2012, dep. 2013, Roscia, cit.), la quale può creare, come si preciserà in seguito, qualche equivoco interpretativo, deve essere ricercato nella dicotomia minaccia-non minaccia, che è l’altro lato della medaglia rispetto alla dicotomia costrizione-induzione, evincibile dal dato normativo».

[4] In argomento v., tra gli altri, F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, 10ª ed., Roma, 2016, 1656 ss., 1665 ss.

[5] Cons. di Stato, Sez. V, 8 novembre 2012, n. 5681, in iusexplorer.it

[6] Cons. di Stato, Sez. V, 8 novembre 2012, n. 5681, cit.

[7] J. Lindgren, The Theory, History and practice of the bribery extortion distinction, in Univ. Pennsylvania L. Rev., vol. 141, n. 5, 1993, spec. 1700 s.; in relazione a tali situazione complesse sia consentito il rinvio a M. Gioia, Il criterio di distinzione tra concussione e induzione alla prova delle ipotesi di throffer (minaccia-offerta), cit., 45 ss.

[8] Cass. Sez. Un., 24 ottobre 2013, cit., § 16.

[9] Anche questa esigenza di concretizzazione dei concetti di danno/vantaggio ingiusto e la necessità talvolta di integrare gli stessi con elementi valutativi ulteriori, era stata segnalata in dottrina da V. Mongillo, L’incerta frontiera, cit., 208. Lo stesso Autore poi, in relazione alle ipotesi problematiche individuate ha elaborato gli ulteriori parametri di determinazione/integrazione del “danno/vantaggio” recepiti dalle SS.UU. nella sentenza in commento.

[10] Cass. Sez. Un., 24 ottobre 2013, cit., § 19.

[11] V. G. Balbi, Sulle differenze tra concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità, cit., 11.

[12] Per una più completa esposizione di tale criterio, si rinvia al M. Gioia, Il criterio di distinzione tra concussione e induzione alla prova delle ipotesi di throffer (minaccia-offerta), cit., 55.

[13] In questi termini, v. Cass. pen., sez. VI, 12 febbraio 2015, n. 8963, secondo cui «in relazione al delitto di induzione indebita previsto dall’art. 319 quater c.p., introdotto dalla l. n. 190 del 2012, qualora rispetto al vantaggio prospettato, quale conseguenza della promessa o della dazione indebita dell’utilità, si accompagni anche un male ingiusto di portata assolutamente spropositata, la presenza di un utile immediato e contingente per il destinatario dell’azione illecita risulta priva di rilievo ai fini della possibile distinzione tra costrizione da concussione ed induzione indebita, in quanto, in tal caso, il beneficio conseguito o conseguibile risulta integralmente assorbito dalla netta preponderanza del male ingiusto».

[14] Per un esempio di utilizzazione di tale criterio, prima della citata sentenza delle Sezioni unite, v. Cass. pen., sez. VI, 15 aprile 2013, n. 17285, CED Cass. rv. 254620.

[15] Cass. Sez. Un., 24 ottobre 2013, cit., § 3.


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