Tribunale di Verbania, sentenza del 26 ottobre 2017
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Oggetto del provvedimento
Con la sentenza in commento il Tribunale di Verbania ha condannato l’imputato per il delitto di cui all’art. 513 cod. pen. (turbata libertà dell’industria o del commercio), fattispecie di infrequente applicazione, che reprime la condotta di chi adopera violenza sulle cose o mezzi fraudolenti per turbare l’esercizio di un’industria o di un commercio.
La pronuncia si segnala, oltre che per la sua adesione alle prevalenti tesi giurisprudenziali e dottrinali in punto di bene giuridico tutelato ed elemento psicologico richiesto dal reato in discussione, anche per l’ampio rilievo riservato nell’impianto motivazionale all’accertamento del danno (in una fattispecie di pericolo), conseguente alla avvenuta costituzione di parte civile.
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Contenuto del provvedimento
Il Tribunale afferma la penale responsabilità dell’imputato, farmacista, per aver sovrapposto al cartello recante gli orari e i giorni di chiusura e apertura, affisso sulla vetrina di un’altra farmacia nelle vicinanze, un foglio A4 recante l’avviso dell’apertura per il fine settimana di ferragosto della diversa farmacia di cui era egli titolare, al fine di convogliarne la clientela presso quest’ultima.
La condotta è stata interamente ripresa, la mattina del sabato di ferragosto, a farmacia chiusa, dall’impianto di video-sorveglianza installato all’esterno dell’esercizio commerciale della persona offesa.
Preliminarmente, si evidenzia come il Giudice ritenga di individuare nella libertà di iniziativa economica del singolo (ex art. 41 Cost.) il bene giuridico a cui presidio è posta la fattispecie contestata, con ciò allineandosi alla prevalente dottrina e giurisprudenza, a discapito di una sua diversa, e ormai più risalente, individuazione nella protezione dell’ordine economico e dell’apparato produttivo nazionale nel suo complesso.
Quanto alla condotta materiale, il Tribunale ritiene incontrovertibilmente fraudolenta la natura dell’atto posto in essere dall’imputato, senza peraltro escludere –ma nemmeno approfondire- se lo stesso possa integrare anche la nozione di violenza (sulle cose, ex art. 392 cod. pen.).
In particolare, la natura fraudolenta del mezzo adoperato viene desunta dall’idoneità della condotta a ingenerare nella clientela il convincimento della chiusura dell’esercizio commerciale non solo nella giornata di (sabato) ferragosto, ma anche nella domenica seguente; giornata invece di ordinaria apertura che veniva, per effetto della condotta dell’imputato (che in particolare aveva cura di sovrapporre un foglio con i propri orari a quello invece contenente gli orari –tra cui l’indicazione dell’espressa apertura domenicale- della farmacia “rivale”), così celata al pubblico.
Con riferimento all’elemento psicologico del reato previsto dall’art. 513 cod. pen., la pronuncia in questione si allinea anche sotto questo profilo alla prevalente giurisprudenza di legittimità nel senso di individuarlo nel dolo specifico, e quindi nella finalità di impedire o turbare l’esercizio (sia esso relativo all’apertura o al regolare svolgimento dell’attività economica) dell’attività di impresa.
Nei fatti, il Tribunale ritiene provato l’elemento soggettivo richiesto dalla norma in forza di elementi ricavabili tanto dalla evidente idoneità della condotta (cui nel caso di specie consegue anche un concreto danno per il “rivale”) a turbare l’esercizio dell’attività economica, quanto dal tenore apodittico (e comunque inconsistente) delle giustificazioni offerte dall’imputato a propria discolpa.
L’accertamento del danno materiale cagionato alla farmacia, si evidenzia infine, è condotto dal Giudice in concreto attraverso una precisa ricostruzione dei flussi di cassa e delle movimentazioni ricorrenti, rispetto a periodi di esercizio analoghi: proprio la sua puntuale individuazione permette al Giudice di apprezzare tanto la piena offensività della condotta contestata, quanto –implicitamente- l’insussistenza delle condizioni per l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
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Collegamenti con altre pronunce
Cass., sent. 24 marzo 2015, n. 12227; Cass., sent. 1 giugno 2010, n. 20647.
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Matteo Montorsi
dottorando di ricerca – Università di Milano-Bicocca