Tribunale di Vicenza, Sezione Penale, in composizione collegiale, sent. n. 348/2020 (ud. 19 marzo 2021, dep. 17 giugno 2021)
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Oggetto del provvedimento
Con la sentenza in commento, il Tribunale di Vicenza ha dichiarato la responsabilità penale e civile di una parte degli imputati, in qualità di presidente e di componenti del consiglio di amministrazione e delle divisioni della Banca Popolare di Vicenza, per i delitti di aggiotaggio, ostacolo alle funzioni di vigilanza e falso in prospetto, affermando altresì la responsabilità amministrativa, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, della Banca predetta, già in liquidazione coatta amministrativa, per i soli delitti presupposto di aggiotaggio e ostacolo alle funzioni di vigilanza, di cui rispettivamente agli artt. 2637 e 2638 c.c.
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Contenuto del provvedimento
La vicenda oggetto della sentenza in commento trae origine dall’ispezione effettuata dalla Banca Centrale Europea, nel 2015, presso la Banca Popolare di Vicenza, all’esito della quale sono state rilevate irregolarità relative all’acquisto di azioni proprie, mediante finanziamento da parte di soci e clienti, con impegno dell’Istituto al riacquisto delle medesime azioni e garanzia sul rendimento delle stesse, anche attraverso storni di interessi e utilizzo di fondi esteri per la detenzione di azioni proprie in via indiretta.
Il danno subito dal patrimonio della Banca, per effetto di tali operazioni, è stato quantificato in oltre un miliardo di euro, con conseguente imposizione, da parte della B.C.E. dell’elaborazione di un nuovo piano industriale e del rinnovamento degli organi societari. La Banca, nel 2016, ha quindi proceduto alla trasformazione in S.P.A., deliberando un aumento di capitale per 1,5 miliardi di euro, con quotazione in borsa, senza tuttavia riuscire nell’intento di risanare la situazione; è seguita pertanto la dichiarazione di dissesto, nel 2017, da parte delle Istituzioni bancarie europee, e quindi, nel 2018, la dichiarazione di insolvenza a seguito della procedura di liquidazione coatta amministrativa, iniziata nel mese di giugno del 2017.
A seguito dei fatti appena sintetizzati, sono state contestate agli imputati una serie di condotte di manipolazione del mercato, volte a rappresentare una non veritiera condizione di solidità patrimoniale della Banca e la inesistente liquidità del titolo azionario, attraverso la concessione di garanzie e assistenza finanziaria in favore dei clienti per l’acquisto di azioni della banca stessa, l’omessa iscrizione a bilancio della riserva indisponibile corrispondente all’ammontare degli importi finanziati per l’acquisto di azioni della Banca stessa, nonché il mantenimento di un valore sovradimensionato delle azioni in questione. È stata altresì ravvisata la responsabilità degli imputati per aver diffuso comunicati mendaci, indirizzati al mercato e ai soci, in ordine alla situazione patrimoniale della Banca, al valore del titolo azionario e all’esito delle operazioni di aumento del capitale. Infine, sono state contestate condotte di ostacolo alle funzioni di vigilanza di Banca D’Italia, della Banca Centrale Europea e della CONSOB, oltre ai reati di falso in prospetto, con riferimento all’esistenza e all’entità del finanziamento di operazioni di acquisto delle azioni della Banca stesa e all’andamento del mercato secondario delle predette azioni.
I delitti di aggiotaggio e di ostacolo alle funzioni di vigilanza, di cui, rispettivamente, agli artt. 2637 e 2638 c.c., sono stati altresì oggetto di una contestazione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, nei confronti della Banca stessa, in quanto commessi nell’interesse o comunque a vantaggio di quest’ultima.
- Le condotte di aggiotaggio
Agli imputati, come anticipato, è stata contestata la fattispecie di aggiotaggio, di cui all’art. 2637 c.c., sia nella forma manipolativa od operativa, che nella forma c.d. informativa, con riferimento alle condotte consumate nel periodo di tempo tra l’anno 2012 e l’anno 2015; in particolare, con riferimento alla manipolazione operativa del mercato, è stata riscontrata la sistematica concessione di assistenza finanziaria in favore dei clienti, per l’acquisto di titoli azionari emessi dalla stessa Banca, così da determinare l’apparenza di liquidità dei titoli e, nel contempo, ridurre il controvalore delle azioni proprie detenute dalla Banca stessa, omettendo di iscrivere a bilancio la relativa riserva indisponibile (di valore equivalente a quello delle azioni in cui acquisto era stato finanziato) e di comunicare tale operazione di finanziamento all’esperto incaricato della stima del valore del sovrapprezzo delle azioni predette; con riferimento, invece alla condotta di aggiotaggio informativo, assumono rilevanza i dati divulgati a mezzo stampa, nonché mediante comunicazioni ai soci e bilanci di esercizio, in ordine all’entità del patrimonio, alla solidità patrimoniale della banca, alla crescita della compagine sociale e al buon esito delle operazioni di aumento di capitale del 2013 e 2014.
In merito ai delitti ascritti agli imputati, previa ricostruzione della fattispecie di aggiotaggio nelle sue diverse forme, come sopra richiamate, i giudici di merito hanno ritenuto che le operazioni di finanziamento poste in essere al fine di acquistare azioni della Banca finanziatrice presentassero carattere fraudolento (in quanto tali rientranti tra gli “altri artifizi” cui fa riferimento il legislatore), valutati unitamente all’omessa iscrizione nei bilanci di esercizio della riserva indisponibile ex art. 2358 c.c., alla mancata comunicazione all’esperto incaricato tali operazioni, alla diffusione di notizie false in merito alla situazione patrimoniale della Banca, alla sua solidità, nonché alla crescita della compagine sociale e all’esito della ricapitalizzazione, come anticipato, tanto a mezzo stampa, quanto nelle comunicazioni sociali e al pubblico, con conseguente alterazione del prezzo di vendita dei predetti titoli azionari.
Accertate le singole condotte, riferibili alle diverse forme di aggiotaggio punite ai sensi dell’art. 2637 c.c., i giudici di merito hanno richiamato il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza 4 maggio 2011, n. 29932, secondo cui le predette condotte non assumono carattere alternativo tra loro, con la conseguenza che l’accertamento di una pluralità di fatti, riconducibili alle diverse forme di aggiotaggio, impone di ravvisare una pluralità di autonomi reati, specie ove realizzate in momenti distinti e in relazione ad operazioni diverse.
Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che le condotte manipolative, informative e operative si sono concretizzate nella sistematica diffusione di notizie decettive, divulgate attraverso mezzi eterogenei, in relazione ad operazioni diverse, pur con il medesimo fine di evitare il deprezzamento del titolo bancario; tale scopo ha indotto i giudici a individuare l’arco temporale di consumazione della condotta in ciascuno degli esercizi, annualmente, e quindi tra il 2012 e il 2015, per quattro esercizi, tenendo conto delle scadenze annuali previste per le valutazioni patrimoniali e di stima.
Sono state pertanto ravvisate sedici autonome condotte criminose, in termini di aggiotaggio finanziario informativo, aggiotaggio finanziario operativo, aggiotaggio bancario informativo e aggiotaggio bancario operativo, consumate rispettivamente negli anni 2012, 2013, 2014 e 2015 (con dichiarazione di intervenuta prescrizione per tutti i fatti commessi nel corso dell’anno 2012).
- Le condotte di ostacolo alla funzione di vigilanza
Ulteriori fattispecie accertate a carico degli imputati riguardano l’attività di vigilanza svolta da Banca D’Italia e dalla Banca Centrale Europea, a far data dall’ispezione di Banca D’Italia del 2012, rispetto alla quale sono state accertate condotte di occultamento con mezzi fraudolenti delle operazioni di finanziamento di capitale e delle lettere di impegno al riacquisto delle azioni, di cui è stata omessa altresì la comunicazione alla squadra ispettiva, punite cumulativamente ai sensi dei commi primo e secondo dell’art. 2638 c.c.; sono state altresì accertate condotte di ostacolo di analoga natura, poste in essere in relazione all’attività ispettiva della CONSOB.
Il Tribunale, in merito alle condotte di ostacolo alla funzione di vigilanza, si è occupato della possibilità di invocare, da parte degli imputati, il principio del nemo tenetur se detegere, rigettando tuttavia la tesi difensiva sul punto alla luce delle seguenti argomentazioni: il principio invocato non può trovare fondamento nell’art. 384 c.p., in quanto norma eccezionale, che deroga rispetto alla regola generale di cui all’art. 61, n. 2, c.p., che invece aggrava la pena per i reati commessi al fine di ottenere l’impunità per altri reati (in merito alla natura eccezionale dell’art. 384 c.p. occorre tuttavia tenere in considerazione quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 10381 del 2021); è stato inoltre osservato che il riconoscimento dell’invocata esimente determinerebbe l’effetto paradossale di riservare un trattamento di favore a chi si sia reso responsabile di un precedente reato; infine, con la sentenza in commento, si afferma che il principio invocato presenta natura esclusivamente processuale, rimanendo estraneo rispetto alle fattispecie penali che sanzionano la violazione di un obbligo di dire il vero, che altrimenti sarebbero oggetto di una interpretatio abrogans.
- Le condotte di falso in prospetto
Con riferimento alle condotte di falso in prospetto, punite ai sensi dell’art. 173 bis T.U.F., l’accusa mossa nei confronti degli imputati ha riguardato i prospetti informativi redatti dalla Banca e depositati presso la CONSOB, relativi alle offerte al pubblico di azioni di nuova emissione e di obbligazioni convertibili, per gli aumenti di capitale realizzati tra gli anni 2013 e 2014, in cui sono state occultate informazioni rilevanti in merito ad esistenza, entità ed effetti dei finanziamenti che la Banca ha concesso per l’acquisto delle proprie azioni da parte dei soci e dei clienti, unitamente ad informazioni false e fuorvianti in relazione al mercato secondario dei titoli in questione. La fattispecie contestata agli imputati tutela i risparmiatori, punendo la divulgazione di informazioni false o incomplete, che risultino idonee ad indurre in inganno le persone offese, alterando la regolarità del mercato, secondo lo schema proprio delle fattispecie di pericolo (a differenza del previgente art. 2623 c.c., che richiedeva la causazione di un pregiudizio patrimoniale).
Oggetto delle falsità o reticenze penalmente rilevanti devono risultare le informazioni necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un giudizio fondato in merito alla situazione finanziaria e patrimoniale dell’emittente nonché ai titoli emessi, come previsto dall’art. 94 T.U.F.
Tale impostazione teleologica, come evidenziato dai giudici, consente di estendere l’ambito applicativo della fattispecie penale ex art. 173 bis cit. non soltanto ai dati materiali ma anche alle notizie e alle valutazioni relative all’offerta, tanto nel caso della falsità quanto in caso di occultamento.
Nel caso di specie è stato ritenuto che, alla luce delle risultanze istruttorie, gli imputati avessero, allo scopo di trarne un ingiusto profitto, occultato informazioni necessarie e divulgato informazioni false, tanto in relazione allo stato patrimoniale e finanziario della Banca emittente, quanto sul valore dei titoli, ivi compreso il carattere di illiquidità delle azioni, a fronte del ritardo significativo e della mancata evasione delle richieste di vendita avanzate dai soci nei confronti della Banca.
Tali condotte sono state ritenute, stante la loro gravità, idonee a determinare un effetto distorsivo nel giudizio degli investitori in merito all’opportunità dell’investimento, i quali non sono stati posti in condizione di rappresentarsi correttamente la situazione patrimoniale dell’Istituto e l’evoluzione della sua attività, anche in relazione al livello di rischio dell’investimento.
Le condotte sono state inoltre ritenute aggravate ai sensi dell’art. 61, n. 2 c.p., in quanto commesse al fine di occultare gli ulteriori delitti di aggiotaggio e di ostacolo alla vigilanza, garantendo così l’impunità per detti fatti.
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Collegamenti con altre pronunce
In reazione alla fattispecie di aggiotaggio si segnala Cass. pen., Sez. V, 14.9.2017, n. 54300, dep. 1.12.2017 (rel. Brancaccio M., ric. Banchero), in Arch. Pen., 2018, 2, con nota di E. Caia.
In relazione alla fattispecie di ostacolo alle funzioni di vigilanza si segnalano Cass. pen., Sez. V, 29.5.2019, n. 29377, dep. 4.7.2019 (Rel. Caputo A., ric. Mussari), in Cass. Pen., 2018, 7-8, sez. 2, 2733 ss., con nota di D. Federici, e Cass. pen., Sez. V, 26.5.2017, n. 42778, dep. 19.9.2017 (rel. Guardiano A., ric. Consoli e altro), in Cass. Pen., 2018, 7-8, sez. 4, 2598 ss., con nota di D. Federici.
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Dottrina e riferimenti bibliografici
- Foffani, sub art. 2637, in Comm. Palazzo, Paliero, 2a ed., Padova, 2007;
- Melchionda, Aggiotaggio, in Lanzi, Cadoppi (a cura di), I nuovi reati societari. Commentario del d.lgs. 11.4.2002, n. 61, 2a ed., Padova, 2007;
- Preziosi, L’aggiotaggio (art. 2637 c.c.), in Rossi (a cura di), Reati societari, Torino, 2005;
- Rossi, La tutela del mercato: aggiotaggio e manipolazione del mercato, in Antolisei, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, I, 13a ed. a cura di Grosso, Milano, 2007;
- Antolisei, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, I, 13a ed., a cura di Grosso, Torino, 2007;
- Cerqua, sub art. 2638, in Comm. Bonfante, Corapi, Marziale, Rordorf, Salafia, Milano, 2004;
- Giunta, Lineamenti dl diritto penale dell’economia, 2a ed., Torino, 2004;
- Seminara, Diritto penale commerciale, Vol. II e vol. III, Giappichelli, 2018
Angelo Salerno, magistrato ordinario con funzioni G.I.P./G.U.P. presso il Tribunale di Bari