Abstract: Il presente contributo, attraverso il commento ad una pronuncia del Tribunale di Catanzaro, si propone di ragionare sul tema della tutela antinfortunistica del terzo estraneo all’organizzazione lavorativa e dei limiti alla responsabilità penale del garante della sicurezza, con particolare attenzione al caso della “volontaria esposizione a pericolo” da parte della vittima.
SOMMARIO: 1. La vicenda di specie. – 2. La tutela prevenzionistica del terzo estraneo all’organizzazione lavorativa. – 3. L’interruzione del nesso causale. Il caso della “volontaria esposizione a pericolo” da parte della vittima. – 4. La posizione del Tribunale di Catanzaro. – 5. Qualche osservazione conclusiva.
La vicenda di specie
Con la sentenza in commento, il Tribunale di Catanzaro[1] assolve dal delitto di cui all’art. 589, co. 2 c.p., realizzato in cooperazione colposa ex art. 113 c.p.[2], tre imputati e, segnatamente, il delegato di una società operante nel settore dei trasporti[3], il titolare di un’impresa individuale con cui la prima aveva stipulato un contratto di trasporto[4] e il dipendente della richiamata impresa, conducente del veicolo coinvolto nel sinistro[5]. La vittima, estranea all’organizzazione dei lavori, si trovava a raccogliere delle pedane presso il piazzale dedicato al carico e scarico delle merci, quando il conducente di un camion, mentre svolgeva la manovra di retromarcia, la investiva, determinandone il decesso[6]. In seguito all’istruttoria svolta, emergeva come l’uomo, estraneo all’organizzazione dei lavori e neppure cliente, il giorno dell’incidente si fosse introdotto del tutto abusivamente nell’area ove si trovava il furgone in movimento[7].
Dei plurimi profili trattati dalla sentenza in commento, il presente contributo intende soffermarsi sulla questione della riferibilità della tutela antinfortunistica al soggetto terzo, estraneo all’organizzazione imprenditoriale, e dei limiti alla responsabilità del garante della sicurezza in caso di infortunio occorso al medesimo. Tale profilo è stato affrontato dal giudice catanzarese, in particolar modo, in relazione alla posizione del titolare dell’impresa individuale, datore di lavoro[8] del conducente del furgone coinvolto nell’incidente[9]. Allo stesso, in particolare, era contestato di avere omesso di adottare le cautele necessarie ad impedire il rischio di schiacciamento di pedoni a seguito delle manovre dei veicoli[10]. In particolare, secondo l’editto accusatorio, il datore ometteva di vigilare sulle procedure adoperate dal dipendente per svolgere le manovre di retromarcia, nonché di adempiere all’obbligo di formazione e informazione dei lavoratori finalizzato a contrastare il richiamato rischio di schiacciamento[11].
La tutela prevenzionistica del terzo estraneo all’organizzazione lavorativa
Il Tribunale di Catanzaro premette alla trattazione del caso concreto una ricostruzione del panorama giurisprudenziale in materia di tutela prevenzionistica del terzo estraneo all’organizzazione aziendale[12]. Di seguito, verranno, pertanto, riportate le posizioni formatesi sul tema e richiamate altresì dalla sentenza in commento.
Guardando al formante giurisprudenziale, si sono osservate, nel tempo, costanti pronunce che sostengono un allargamento della sfera dei destinatari della tutela antinfortunistica[13]. In particolare, è possibile rintracciare una giurisprudenza che fonda la definizione della cerchia dei beneficiari della posizione di garanzia antinfortunistica sul legame esistente tra l’organizzazione lavorativa e il soggetto[14]. Seguendo tale impostazione, si è detto che gli obblighi prevenzionistici in relazione alla sicurezza degli impianti devono considerarsi posti a tutela anche dei terzi estranei all’organizzazione aziendale che “possano, comunque, venire a contatto o trovarsi ad operare nel campo di loro funzionalità”[15].
Accanto a tale linea interpretativa, si è altresì sviluppato un indirizzo che riconosce la responsabilità del garante della sicurezza, in caso di infortunio, ogniqualvolta vi sia stata la violazione di un obbligo prevenzionistico e sussista il nesso causale tra l’anzidetta violazione e l’evento lesivo, indipendentemente dal fatto che la persona offesa sia estranea all’organizzazione imprenditoriale[16]. Già con riferimento alla disciplina in materia di sicurezza sul lavoro contenuta nel DPR. del 27 aprile 1955, n. 547[17], si era, difatti, evidenziato come il riferimento del legislatore ai “lavoratori subordinati o ad essi equiparati”, contenuto nell’art. 1 del richiamato testo normativo, non dovesse essere inteso in senso limitativo della sfera dei creditori della sicurezza sul lavoro, bensì quale definizione delle attività rispetto alle quali opera la normativa antinfortunistica[18]. Pertanto, dell’infortunio occorso, risponderà colui che, pur essendone obbligato, abbia violato l’obbligo prevenzionistico quando la violazione e l’evento siano causalmente legati, tanto nel caso in cui la vittima sia un lavoratore quanto ove si tratti di un terzo estraneo[19]. Su questa linea, si è detto, “una volta che con le proprie condotte il datore di lavoro abbia determinato l’insorgenza di una fonte di pericolo, la posizione di garanzia si mantiene non solo per i danni che possono essere provocati ai propri dipendenti, ma anche ai terzi che frequentano le strutture aziendali”[20]. Dunque, nel caso di infortunio di un terzo che si trovava nel luogo di lavoro, per riconoscere la circostanza aggravante del fatto “commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” ex artt. 589, co. 2[21] e 590, co. 3 c.p. [22], “è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l’evento dannoso un legame causale”, a patto che non sia intervenuto un fattore interruttivo di tale legame e che la regola cautelare violata fosse diretta a prevenire il tipo di evento verificatosi[23].
Si è formata, poi, un’ulteriore giurisprudenza, richiamata dal giudice di merito[24], che pone l’attenzione, ai fini della delimitazione dei destinatari della tutela della sicurezza sul lavoro, sulla natura della regola cautelare violata[25]. Secondo questa impostazione, invero, nel complesso delle norme antinfortunistiche, alcune regole hanno natura soggettiva, trovando, pertanto, applicazione con riferimento esclusivo ai lavoratori[26]. Tali sono stati considerati, ad esempio, l’obbligo di sorveglianza sanitaria[27], nonché gli obblighi di informazione e di formazione del lavoratore[28]. L’estensione della tutela antinfortunistica anche al terzo estraneo all’organizzazione lavorativa deve riconoscersi, invece, secondo questa impostazione, ove sia stata violata una regola cautelare oggettiva, ossia rivolta alla generalità delle persone che possono venire in contatto con i pericoli dell’organizzazione lavorativa[29], come accade rispetto agli obblighi di recinzione dei cantieri[30]. In questa seconda ipotesi, infatti, “la sfera di competenza del titolare dell’obbligo è definita su base eminentemente oggettiva, ovvero in relazione alla fonte di pericolo”[31].
Infine, il Tribunale di Catanzaro ricorda[32] la recente sentenza della Corte di cassazione in ordine all’incidente ferroviario avvenuto a Viareggio nel giugno del 2009[33], in occasione del quale i giudici di legittimità hanno voluto definire ulteriormente i contorni della questione circa la riferibilità della tutela antinfortunistica ai terzi estranei all’impresa[34]. In quest’occasione, la Corte ha precisato come, ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante della commissione del fatto con “violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”, contemplata dal comma 2 dell’art. 589 e dal comma 3 dell’art. 590, deve accertarsi, da un lato, la violazione di una norma antinfortunistica, e, dall’altro, che l’evento lesivo sia “concretizzazione del rischio lavorativo”[35]. Quanto ai destinatari della tutela antinfortunistica, ha chiarito il giudice di legittimità, perché il danno occorso al terzo sia qualificabile come concretizzazione del rischio lavorativo è richiesto che il medesimo fosse “esposto a tale rischio alla stessa stregua del lavoratore”[36]. Alla luce di tanto, ha concluso la Corte, “in positivo, vengono richieste condizioni quali la presenza non occasionale sul luogo di lavoro o un contatto più o meno diretto e ravvicinato con la fonte del pericolo; e, in negativo, che non deve aver esplicato i suoi effetti un rischio diverso”[37].
L’interruzione del nesso causale. Il caso della “volontaria esposizione a pericolo” da parte della vittima
Il Tribunale perviene alla soluzione assolutoria a seguito dell’accertamento dell’intervento di un fattore interruttivo del legame causale tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo[38]. Pare, pertanto, opportuno compiere una sintetica ricostruzione in merito alla questione dell’interruzione del nesso eziologico.
Come è noto, l’art. 41, co. 2 c.p. dispone che “le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento”. L’interpretazione di tale norma è stata a lungo dibattuta tanto in dottrina quanto in giurisprudenza[39].
Secondo un primo indirizzo, l’art. 41, co. 2 c.p. si riferirebbe esclusivamente alla causa dotata di autonomia rispetto alla condotta dell’agente[40]. Così, in giurisprudenza, si è detto che l’interruzione del nesso causale tra il comportamento e l’evento potrebbe aversi solo quando al primo “anche se astrattamente idoneo a produrre l’evento, è preclusa l’esplicazione della propria efficacia causale in virtù di un fattore sopravvenuto, che non abbia da esso origine, il quale impedisce che si svolga quella efficacia causale sostituendovi la propria”[41].
Di una simile interpretazione è stato tuttavia messo in luce l’effetto di ridurre la controversa disposizione a null’altro che una mera ripetizione della teoria condizionalistica[42]. Pertanto, è stato proposto un ulteriore criterio interpretativo, che si allontana dal tenore letterale della norma[43] e mitiga l’applicazione del principio della conditio sine qua non[44]. In particolare, parte della dottrina ha inteso la causa cui fa riferimento il secondo comma dell’art. 41 c.p. come un “avvenimento che al momento dell’azione presentava una probabilità minima, trascurabile di verificarsi, e cioè l’avvenimento eccezionale”[45].
L’estensione dell’efficacia interruttiva del nesso eziologico al fattore che si lega al processo causale innescato dalla condotta dell’agente è stata diffusamente accolta in giurisprudenza, ove si è affermato come debba considerarsi da sola sufficiente a determinare l’evento la causa contraddistinta da “un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale”, seppur non “completamente avulsa dall’antecedente” [46].
Questa interpretazione dell’art. 41 cpv. c.p. è stata, tuttavia, superata dalle Sezioni Unite del 2014 nel caso “Thyssenkrupp”[47]. In questa sede, i giudici di legittimità hanno precisato come “esistono diverse aree di rischio e, parallelamente, distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare”[48]. Dunque, il garante della sicurezza deve essere inteso come “‘gestore’ del rischio”[49]. Ferme queste premesse, la Cassazione, nel suo Supremo Consesso, nel tracciare le coordinate comuni nella giurisprudenza in tema di interruzione del nesso causale, ha precisato, con particolare riferimento al comportamento colposo del lavoratore[50], come lo stesso sia idoneo ad interrompere il nesso eziologico “non perché ‘eccezionale’ ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare”[51]. Di talché, hanno specificato le Sezioni Unite, potrebbe riconoscersi una qualche eccezionalità, nel senso di scarsa probabilità di ravvisare tale ipotesi, purtuttavia essa deve essere intesa come una mera “conseguenza accidentale” dell’assunto appena esposto[52].
Si può, a questo punto, riprendere la trattazione del tema della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al terzo estraneo all’ambito imprenditoriale. Come visto precedentemente, è diffuso in giurisprudenza l’orientamento che lega tale responsabilità alla possibilità di ravvisare un nesso causale tra la condotta del garante, realizzata in violazione di una regola antinfortunistica, e l’evento lesivo. Così, si è detto che, sussistendo i già richiamati presupposti eziologici, anche rispetto all’infortunio del terzo estraneo deve riconoscersi la fattispecie aggravata di cui agli artt. 589, co. 2 e 590, co. 3 c.p., purché “la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell’infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante” e sempre che la regola cautelare violata sia diretta ad evitare il tipo di incidente occorso[53]. Pertanto, limite all’estensione della responsabilità penale del garante della sicurezza verso il terzo è costituito dall’intervento di un fattore causale sopravvenuto, interruttivo del nesso causale tra la condotta del garante e l’infortunio. Seguendo l’insegnamento delle richiamate Sezioni unite del 2014[54], poi, si è detto che, sebbene nell’area di rischio che il garante è chiamato a fronteggiare siano altresì ricompresi i danni che possano occorrere ai terzi, e persino in caso di condotte colpose degli stessi, la responsabilità del gestore deve escludersi ove tali condotte siano “esorbitanti” rispetto al rischio anzidetto[55].
Ora, in giurisprudenza, l’interruzione del nesso causale è stata ravvisata, in particolare, nel caso della “volontaria esposizione a pericolo” da parte della vittima[56]. Invero, si è osservato, il garante non può essere chiamato a rispondere delle conseguenze della “condotta altamente imprudente e deliberatamente votata al rischio” della persona offesa[57]. Tuttavia, si è escluso che l’ingresso non autorizzato nel sito produttivo possa assurgere a causa interruttiva del nesso causale ove la persona offesa non si trovi nella posizione di comprendere la fonte di pericolo con la quale sta entrando in contratto[58]. Difatti, secondo questa impostazione, il carattere abusivo dell’ingresso nell’area a rischio produce la sua efficacia interruttiva del nesso causale non già in quanto illegittimo, bensì quale espressione della volontarietà dell’esposizione al rischio, che non può riconoscersi in assenza della capacità di percepire la sussistenza del pericolo[59].
La posizione del Tribunale di Catanzaro
Come anticipato, il profilo della responsabilità del garante della sicurezza in caso di infortunio occorso all’extraneus viene trattato dal Tribunale di Catanzaro, in particolare, in relazione alla posizione del datore di lavoro del conducente del furgone coinvolto nell’incidente[60]. A questo era contestato di non aver adottato le cautele necessarie ad evitare il rischio di investimento di pedoni a seguito delle manovre dei veicoli e, in particolare, di aver omesso di munire i mezzi delle telecamere esterne posteriori e di sensori acustici atti a veicolare le manovre di parcheggio[61]. Dall’altra parte, dall’istruttoria dibattimentale emergeva come il terzo si fosse introdotto nel piazzale del tutto abusivamente, superando gli accorgimenti posti in essere con lo scopo di impedire l’accesso di terzi all’area[62].
Ai fini della risoluzione del caso di specie, pertanto, il Tribunale ripercorre i tentativi ermeneutici, sopra richiamati, compiuti dalla giurisprudenza per risolvere la questione della tutela antinfortunistica del terzo[63]. Nel farlo, il giudice catanzarese mostra di aderire all’orientamento, sviluppatosi in giurisprudenza, che pone l’attenzione sul nesso causale tra la violazione della regola cautelare di natura antinfortunistica e l’evento lesivo[64]. Per contro, ritiene, invece, di rigettare la teoria che si basa sulla distinzione tra regole cautelari oggettive e regole cautelari soggettive, in quanto, posto che non è possibile rintracciare dei parametri normativi certi che consentano di apprezzare la natura della regola, secondo il Tribunale si creerebbe un “rischio di valutazioni eccessivamente opinabili e discrezionali”[65]. Permessa la ricostruzione delle posizioni giurisprudenziali, il giudice catanzarese giunge ad affermare come, al fine di perimetrare l’area di responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al terzo, “diviene determinante, agli effetti dell’art. 41, c. 2, c.p., accertare che l’accesso all’ambiente lavorativo sia o meno legittimo, non rilevando se occasionato dalla prestazione di un contributo lavorativo o semplicemente originato da ragioni afferenti al contesto lavorativo”[66]. Ora, in relazione al caso di specie, pacifica la condotta colposa sopra menzionata dell’imputato, il Tribunale vaglia la possibilità di ritenere interrotto il nesso causale tra tale condotta e il decesso del pedone. A tal fine, la richiamata evoluzione giurisprudenziale in materia impone di soffermare l’attenzione sulla posizione della vittima. Sul punto, deve considerarsi, sottolinea il giudice, come la persona offesa fosse “soggetto terzo, totalmente estraneo al sito produttivo […] e che, tuttavia, volontariamente e consapevolmente si è esposto alle fonti di pericolo insite in quel contesto lavorativo”[67]. In altri termini, la vittima, estranea all’organizzazione imprenditoriale, era assolutamente a conoscenza dei rischi che correva accedendo a quell’area e, ciononostante, ha deliberatamente deciso di esporsi ad essi pur a fronte delle misure adottate per impedirne l’ingresso non autorizzato. Il Tribunale, con la sentenza in commento, valorizza, pertanto, il carattere abusivo della presenza della vittima nel piazzale dove avevano luogo le manovre dei furgoni quale circostanza valevole ad escludere il nesso causale tra la condotta e l’evento ai sensi dell’art. 41, co. 2 c.p.[68] Pertanto, il giudice di merito esclude la responsabilità del datore di lavoro per il delitto di omicidio colposo commesso con violazione delle norme antinfortunistiche di cui all’art. 590, co. 2[69].
Qualche osservazione conclusiva
La sentenza in commento si inserisce a pieno nell’approccio giurisprudenziale in tema di destinatari della tutela antinfortunistica. Come si è visto, la questione viene trattata sul terreno della causalità, scorgendo, nel fattore interruttivo del nesso causale, la possibilità di attribuire efficacia di esclusione della responsabilità del garante alla condotta colposa del terzo infortunato.
In particolare, alla luce di quanto precedentemente esposto, può osservarsi come la volontaria esposizione al pericolo da parte della vittima sia stata valorizzata in giurisprudenza come idonea ad interrompere il nesso di causalità tra la violazione della regola cautelare e l’evento lesivo, in quanto, seguendo le coordinate delle Sezioni unite nel caso “Thyssenkrupp”[70], fattore causale “esorbitante” rispetto alla sfera di rischio che il garante deve governare[71]. Il giudice catanzarese fa governo dei principi sviluppatisi nel formante giurisprudenziale, ravvisando, nel caso di specie, un simile fattore interruttivo. La persona offesa, emergeva dall’istruttoria svolta, assolutamente estranea al sito produttivo, si introduceva abusivamente nel piazzale dedicato al carico e scarico delle merci, contravvenendo alle cautele che erano state attuate al fine di impedire l’accesso ai terzi e, segnatamente, ai cartelli di divieto apposti, nonché al controllo della guardia giurata previsto a presidio dell’area[72]. Avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, dunque, il Tribunale ritiene che la condotta della vittima abbia “rivestito quel carattere di eccentricità che è tale da interrompere il nesso eziologico”, e, pertanto, che il decesso di questa rappresenti “concretizzazione di un rischio diverso” rispetto a quello che il datore era chiamato a governare[73].
Conclusivamente, di questa pronuncia è certamente apprezzabile il tentativo di porre un freno ad un’indiscriminata responsabilità del garante in un settore, quello della sicurezza sul lavoro, certamente sensibile a tale rischio[74]. Sotto il profilo della perimetrazione della responsabilità del garante della sicurezza, meritevole di considerazione risulta altresì un ulteriore passaggio della sentenza in commento, riferito, questa volta, al soggetto delegato della società di trasporti. A questo veniva rimproverata l’omissione, da un lato, della nomina di un responsabile di piazzale chiamato a coordinare lo svolgimento di più attività e, dall’altro, dell’introduzione di un percorso pedonale per l’accesso in sicurezza dei clienti e dei dipendenti agli uffici dello stabile[75]. Nondimeno, al momento dell’incidente, il piazzale ospitava un unico mezzo, sicché la figura del responsabile, anche presente, non sarebbe stata comunque coinvolta; inoltre, se anche fosse stato presente un percorso per l’ingresso dei pedoni agli uffici, la vittima, che non era né un cliente né un dipendente, non lo avrebbe comunque seguito, considerato che il piazzale si trovava altrove rispetto agli uffici dello stabile[76]. Pertanto, le omissioni ascrivibili non consento di pervenire all’affermazione della responsabilità dell’imputato, visto che tali cautele, dirette a prevenire rischi diversi, anche se attuate, non avrebbero impedito la realizzazione dell’“evento hic et nunc verificatosi”[77]. Afferma, infatti, il Tribunale catanzarese, richiamandosi alla giurisprudenza in tema di causalità della colpa[78], come “il mancato rispetto di una regola cautelare di condotta non è di per sé sufficiente per affermare la responsabilità colposa del soggetto agente, dovendosi a tal fine dimostrare l’esistenza in concreto del nesso causale tra la condotta violatrice e l’evento”[79].
Dott.ssa Chiara Gigante
[1] Trib. Catanzaro, 18 settembre 2023, n. 1539.
[2] In argomento, F. Consulich, Manuale di diritto penale del lavoro, Torino, 2024, 163 ss.
[3] Trib. Catanzaro, sent. cit., 20 ss.
[4] Trib. Catanzaro, sent. cit., 29 ss.
[5] Trib. Catanzaro, sent. cit., 34 ss.
[6] Trib. Catanzaro, sent. cit., 5.
[7] Trib. Catanzaro, sent. cit., 5, 7. La vittima, in particolare, era solita recarsi nell’area per raccogliere le pedane; tuttavia, tale attività poteva aver luogo solo sotto il controllo degli operatori del sito (Trib. Catanzaro, sent. cit., 7).
[8] Sulla figura del datore di lavoro, S. Tordini Cagli, I soggetti responsabili, in D. Castronuovo, F. Curi, S. Tordini Cagli, V. Torre, V. Valentini, Sicurezza sul lavoro. Profili penali, III ed., Torino, 2023, 83 ss.; R. Blaiotta, Diritto penale e sicurezza del lavoro, II ed., Torino, 2023, 36 ss.; F. Consulich, op. cit., 75 ss.
[9] Trib. Catanzaro, sent. cit., 29 ss.
[10] Trib. Catanzaro, sent. cit., 29
[11] Trib. Catanzaro, sent. cit., 29.
[12] Trib. Catanzaro, sent. cit., 30 ss.
[13] In dottrina, sulla tutela antinfortunistica del terzo estraneo che entri in contatto con macchinari o luoghi di lavoro affetti da vizi, G. Costagliola, A. Culotta, M. Di lecce, Le norme di prevenzione per la sicurezza sul lavoro, Milano, 1990, 40; M. Mariotti, Sulla responsabilità del gestore di uno stabilimento balneare e del manutentore di un videogioco per la morte di una bambina rimasta folgorata, in Dir. pen. cont., 2017, 4, 306 s.; M. Riccardi, Aggravante prevenzionistica, rischio extralavorativo e tutela “estesa” dei terzi, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 4; F. Giunta, Le aggravanti del “luogo di lavoro”: a proposito di un’espressione fuorviante, in DisCrimen, 3, 2021, 360; S. Tordini Cagli, Il disastro ferroviario di Viareggio: il punto su rischio lavorativo ed oggetto di tutela della normativa prevenzionistica, in DisCrimen, 16 febbraio 2022, 10 ss; B. Paterra, L’estensibilità all’extraneus della tutela antinfortunistica. Profili evolutivi e sistematici, in La legislazione penale, 28 giugno 2022; F. Contri, L’estensione della nozione di “rischio lavorativo” nei delitti a tutela della sicurezza del lavoro. Note a margine del disastro della funivia del Mottarone, in Cass. pen., 2023, 2509 ss.; D. Castronuovo, I delitti di omicidio e lesioni, in D. Castronuovo, F. Curi, S. Tordini Cagli, V. Torre, V. Valentini, Sicurezza sul lavoro, cit., 372 ss.; R. Blaiotta, Diritto penale e sicurezza del lavoro, cit., 19 ss.; M. Riccardi, M. Chilosi, Work in progress: tendenze e controtendenze della giurisprudenza in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Verso una responsabilità prevenzionistica (individuale e collettiva) autenticamente colpevole?, in Giurisprudenza Penale Web, 2024, 1, 16 ss.
[14] Cass. pen., Sez. IV, 15 febbraio 2007, n. 6348; conf. Cass. pen., Sez. IV, 21 gennaio 2016, n. 2525; Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.1 del considerato in diritto. M. Riccardi, op. cit., 14. Tale indirizzo giurisprudenziale è richiamato in Trib. Catanzaro, sent. cit., 30 s.
[15] Cass. pen., Sez. IV, 15 febbraio 2007, n. 6348; Cass. pen., Sez. IV, 21 gennaio 2016, n. 2525; Cass. pen., Sez. IV, 07 febbraio 2008, n.10842, par. 2.1 dei motivi della decisione. Un’analisi dei casi giurisprudenziali ove si è riconosciuto questo legame viene compiuta da B. Paterra, op. cit., 5 ss.; M. Riccardi, op. cit., 14 ss.
[16] “Ove un infortunio si verifichi per inosservanza degli obblighi di sicurezza normativamente imposti, tale inosservanza, purchè sia ravvisabile il nesso causale, non potrà non far carico, a titolo di colpa specifica, su chi detti obblighi avrebbe dovuto rispettare, poco importando che ad infortunarsi sia stato un lavoratore subordinato o un soggetto a questi equiparato, ovvero, addirittura, una persona estranea all’ambito imprenditoriale”, Cass. pen., Sez. IV, 10 novembre 2005, n. 2383, par. 2 del fatto e diritto. Conf. Cass. pen. 16 febbraio 1989, in Riv. trim. dir. pen. ec., 1990, 2, 829 s.; Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.2 del considerato in diritto; Cass. pen., Sez. IV, 12 maggio 2016, n. 38200, par. 3.2 del considerato in diritto. L’anzidetto orientamento è richiamato in Trib. Catanzaro, sent. cit., 31. Vedi anche B. Paterra, op. cit., 9 ss.
[17] L’articolo recitava in tal senso: “Le norme del presente decreto si applicano a tutte le attività alle quali siano addetti lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi dell’art. 3, comprese quelle esercitate dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, da altri Enti pubblici e dagli Istituti di istruzione e di beneficenza”. Il d.P.R. del 27 aprile 1955, n. 547 è stato poi abrogato dall’art. 304, co. 1 del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Sulle fonti in materia di sicurezza sul lavoro, F. Consulich, op. cit., 1 ss.
[18] Cass. pen., Sez. IV, 06 febbraio 1989, n. 6025; in questo senso, anche Cass. pen., Sez. IV, 10 novembre 2005, n.2383.
[19] Cass. pen., Sez. IV, 10 novembre 2005, n.2383.
[20] Cass. pen., Sez. IV, 18 gennaio 2022, n. 3541, par. 4.3 del considerato in diritto.
[21] Per un commento, v. A. Marchini, sub Art. 589, in AA.VV., Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretto da G. Lattanzi, E. Lupo, Milano, 2021, 138 ss.; L. Masera, sub Art. 589, in AA.VV., Codice penale commentato, diretto da E. Dolcini, G.L. Gatta, fondato da E. Dolcini, G. Marinucci, V ed., Milano, 2021, 1123 s.
[22] Per un commento, v. A. Marchini, sub Art. 590, in AA.VV., Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretto da G. Lattanzi, E. Lupo, Milano, 2021, 187 ss.; L. Masera, sub Art. 590, in AA.VV., Codice penale commentato, diretto da E. Dolcini, G.L. Gatta, fondato da E. Dolcini, G. Marinucci, V ed., Milano, 2021, 1224 ss. Il Tribunale, nella sentenza in commento, si sofferma in più occasioni, lungo l’intero apparato motivazionale, sui presupposti di operatività della circostanza aggravante “prevenzionistica” (v., in particolare, Trib. Catanzaro, sent. cit., 21 ss.).
[23] Cass. pen, Sez. IV, 17 aprile 2012, n. 23147; Cass. pen., Sez. IV, 06 novembre 2009, n. 43966.
[24] Trib. Catanzaro, sent. cit., 32.
[25] Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.2 del considerato in diritto; Cass. pen., Sez. IV, 12 novembre 2019, n. 51142, par. 1.3 del considerato in diritto; Cass. pen., Sez. IV, 18 gennaio 2022, n. 3541, par. 4.3 del considerato in diritto.Vedi anche B. Paterra, op. cit., 13 ss.
[26] Cass. pen., Sez. IV, 12 novembre 2019, n. 51142, par. 1.3 del considerato in diritto; Cass. pen., Sez. IV, 18 gennaio 2022, n. 3541, par. 4.3 del considerato in diritto.
[27]Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.2 del considerato in diritto.
[28] Cass. pen., Sez. IV, 18 gennaio 2022, n. 3541, par. 4.3 del considerato in diritto.
[29] Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.2 del considerato in diritto; Cass. pen., Sez. IV, 09 settembre 2015, n. 40721, par. 3.2 del considerato in diritto.
[30] Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.2 del considerato in diritto.
[31] Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.2. del considerato in diritto.
[32] Trib. Catanzaro, sent. cit., 32.
[33] Cass. pen., Sez. IV, 08 gennaio 2021, n. 32899. Per un commento a tale sentenza, v., tra gli altri, M. Mantovani, Il disastro ferroviario di Viareggio e la normativa in materia di sicurezza sul lavoro, in www.Dpei.it., 19 ottobre 2021; S. Tordini Cagli, Il disastro, cit.; M. F. Carriero, V. Camurri, La Cassazione sul “disastro di Viareggio”: l’aggravante antinfortunistica e la giurisdizione sugli enti stranieri, in Arch. pen. web, 1/2022.
[34] Cass. pen., Sez. IV, 08 gennaio 2021, n. 32899, §. 4.2 del considerato in diritto.
[35] Cass. pen., Sez. IV, 08 gennaio 2021, n. 32899, §. 4.2 e 4.3 del considerato in diritto.
[36] Cass. pen., Sez. IV, 08 gennaio 2021, n. 32899, §. 4.2 del considerato in diritto.
[37] Ibidem.
[38] Trib. Catanzaro, sent. cit. 32 ss.
[39] Secondo A. Vallini, “Cause sopravvenute da sole sufficienti” e nessi tra condotte, in Dir. pen. cont., 11 luglio 2012, 45, la norma si presta ad essere oggetto di “più meditate ricostruzioni dell’interprete, senza opporre a nessuna di esse particolari limiti, ma senza neppure concedere mai un univoco supporto”. Sul tema, diffusamente, A. Vallini, “Cause sopravvenute da sole sufficienti”, cit. Ancora, tra gli altri, M. Siniscalco, Causalità (rapporto di), in Enc. dir., vol. VI, 1960, 41 s.; G. Fiandaca, Causalità (rapporto di), in Dig. Disc. Pen., Torino, 1988, 128 ss.; L. Cornacchia, Il concorso di cause colpose indipendenti: spunti problematici (Parte I), in Ind. pen., 2001, 657 ss.; ID., Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio, Torino, 2004, 310 ss.; R. Blaiotta, Causalità giuridica, Torino, 2010, 28 ss.; ID. Diritto penale, cit., 215 ss., A. Martini, sub Art. 41, in AA.VV., Codice penale, a cura di T. Padovani, VII ed., Milano, 2019, 278 ss.; F. D’Alessandro, sub Art. 41, in AA.VV., Codice penale commentato, diretto da E. Dolcini, G.L. Gatta, fondato da E. Dolcini, G. Marinucci, V ed., Milano, 2021, 502 ss.; S. Beltrani, sub. Art. 41, in AA.VV., Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretto da G. Lattanzi, E. Lupo, Milano, 2021, 386 ss.
[40] Riconduce il dettato normativo alle sole “serie causali assolutamente autonome”, F. Stella, La nozione penalmente rilevante di causa: la condizione necessaria, in RIDPP, 1988, 1267; D. Mandrioli, Le cause sopravvenute, in Riv. pen., 1931, 285, intende la causa sopravvenuta di cui all’art. 41, co. 2 c.p. nel senso che “essa e soltanto essa ha cagionato l’evento”; v. anche, ID., In difesa dell’articolo 41 primo capoverso del codice penale, in Riv. pen., 1933, 463; C. Saltelli, E. Romano Di Falco, Commento teorico-pratico del nuovo Codice penale, Vol. 1, Torino, 1940, 246. E. Jannitti Piromallo, Corso di diritto criminale, Roma, 1932, 112, sostiene che la norma in esame si riferisca al “concorso di cause successive e fra loro indipendenti”. In giurisprudenza, v. Cass. pen., Sez. IV, 23.03.1982, n. 7588; Cass. pen., Sez. IV, 27 marzo 1981, in Cass. pen., 1983, 68 ss.
[41] Cass. pen., Sez. I, 30 novembre 1971, in Il Foro It., vol. 95, 1972, 426 ss.
[42] “Se l’art. 41 cpv. fosse riferito alle serie causali autonome, esso diverrebbe superfluo, e ciò contrasta con il principio ermeneutico di conservazione delle norme”, A. Pagliaro, Causalità e diritto penale, in Cass. pen., 2005, 1052. Nel medesimo senso si pronuncia altresì G. Fiandaca, op. cit., 129. La superfluità dell’art. 41, co. 2 interpretato come riferito alla serie causale autonoma viene sostenuta anche da F. Antolisei, Il rapporto di causalità nel diritto penale, Torino, 1934, 183 s., 245; M. Gallo, L’elemento oggettivo del reato, Torino, 1992, 72 s. In giurisprudenza, v. Cass. pen., Sez. IV, 15 novembre 2007, n.6268.
[43] F. Antolisei, op. cit., 193, 249.
[44] F. Antolisei, op. cit., 245 s.
[45] F. Antolisei, op. cit., 248. Tale teoria viene condivisa, tra gli altri, da M. Gallo, L’elemento oggettivo, cit., 1992, 80 ss. F. Antolisei, op. cit., 251, estende poi l’applicazione della disposizione, così interpretata, altresì alle cause preesistenti e a quelle simultanee, citate nel comma primo dell’art. 41 c.p., ma non considerate nel comma secondo (a questa conclusione aderisce altresì Gallo, L’elemento oggettivo,cit., 84 s., il quale ritiene che il legislatore abbia fatto riferimento alle sole cause sopravvenute in quanto limitati i casi in cui una causa preesistente o simultanea possa considerarsi eccezionale).
[46] Cass. pen., Sez. IV, 13 gennaio 2005, n.10213; Cass. pen., Sez. IV, 26 ottobre 2005, n.1214, par. 6 del considerato in diritto. Ancora, Cass. pen., Sez. IV, 15 novembre 2007, n. 6268.
[47] Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014 n. 38343. Per un commento alla sentenza, v., tra gli altri, R. Bartoli, Luci ed ombre della sentenza delle Sezioni unite sul caso Thyssenkrupp, in Giur. it., 2014, 2566 ss.; K. Summerer, La pronuncia delle Sezioni unite sul caso Thyssen Krupp. Profili di tipicità e colpevolezza al confine tra dolo e colpa, in Cass. pen., 2015, 490 ss.
[48] Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 38343, par. 13 del considerato in diritto. Già prima, in questo senso, Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2012, n.49821, par. 7 del considerato in diritto.
[49] Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 38343, par. 13 del considerato in diritto. Già prima, Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2012, n.49821, par. 7 del considerato in diritto. In argomento, v. F. Consulich, op. cit., 245 ss.
[50] Sul tema della responsabilità del garante della sicurezza in caso di comportamento colposo del lavoratore, v. tra gli altri, C. Smuraglia, Diritto penale del lavoro, Padova, 1980, 145 ss.; N. Garaventa, Orientamenti giurisprudenziali in materia di delitti colposi commessi con violazione delle norme antinfortunistiche, in RIDPP, 1986, 218 ss.; T. Trinchera, Comportamento colposo del lavoratore infortunato e responsabilità penale del datore di lavoro, in Dir. Pen. Cont., 12 ottobre 2011; G. Morgante, Infortunio del lavoratore imprudente: quando il datore di lavoro non risponde, in Dir. Pen. e Proc., 2015, 201 ss.; D. Castronuovo, Profili relazionali della colpa nel contesto della sicurezza sul lavoro. Autoresponsabilità o paternalismo penale?, in in Arch. pen. web, 2/2019.; M. Telesca, Responsabilità penale del datore di lavoro per omesso intervento in presenza di prassi scorretta del lavoratore, in Cass. pen., 2019, 4417 ss.; A. De Lia, La questione dell’autoesposizione a pericolo da parte della “vittima” nell’ambito degli infortuni sul lavoro: uno sguardo nel “giardino degli epiteti”, in Cass. pen., 2019, 4317 ss.; E. Nagni, Il comportamento del lavoratore come fattore di interruzione del nesso causale, in Dir. Pen. e Proc., 2022, 650 ss.; J. Della Valentina, Ancora una decisione in materia di responsabilità del datore di lavoro per infortuni auto-inferti dal lavoratore: alla ricerca di nuove soluzioni mediante il reimpiego di vecchi paradigmi, in www.Dpei.it., 09 marzo 2023.
[51] Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 38343, par. 13.1 del considerato in diritto. Già prima, Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2012, n.49821, par. 7 del considerato in diritto.
[52] Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014 n. 38343, par. 13.1 del considerato in diritto. Già prima, Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2012, n.49821, par. 7 del considerato in diritto. I principi esposti in queste sentenze hanno trovato applicazione, a titolo esemplificativo, nell’ambito della responsabilità medica, in Cass. pen., Sez. IV, 05 maggio 2015, n. 33329, par. 9 ss. dei motivi della decisione (per un commento alla pronuncia, A. Vallini, Colpa medica, concause sopravvenute e competenza per rischio: qualcosa di nuovo, anzi d’antico, in Dir. pen. e proc., 2015, 1537 ss.).
[53] Cass. pen., Sez. IV, 06 novembre 2009, n. 43966.
[54] Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014 n. 38343.
[55] Cass. pen., Sez. IV, 12 maggio 2016, n. 38200, par. 3.2 del considerato in diritto.
[56] Cass. pen., Sez. IV, 12 maggio 2016, n. 38200, par. 3.2 del considerato in diritto; Cass. pen., Sez. IV, 20 aprile 2018, n. 36726, par. 3.1 del considerato in diritto; Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.3 del considerato in diritto.
[57] Cass. pen., Sez. IV, 2 luglio 2014, n. 36920, par. 7.4.2 e 8 del considerato in diritto. Nel caso di specie, la Corte di legittimità ha ritenuto sussistente l’intervento del fattore interruttivo del nesso causale dato dalla volontaria esposizione a pericolo della vittima in relazione al decesso della stessa in seguito ad un salto compiuto con la motoslitta per scavalcare una depressione del terreno; all’imputato, rappresentante legale della società proprietaria del sito, era contestato di aver omesso di recintare ovvero di segnalare la depressione, comunque ben conosciuta dalla vittima (par. 1 e 2 del ritenuto in fatto). La Corte osserva come l’obbligo di predisporre la recinzione sia diretto a fronteggiare il rischio di cadute meramente accidentali e non quello “cui si è volontariamente esposto la vittima nel tentativo, tragicamente fallito, di saltare da una sponda all’altra con la motoslitta lanciata alla sua massima velocità e appesantita dalla presenza di una passeggera” (par. 7.4.2 del considerato in diritto).
[58] Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.3 del considerato in diritto. Critica la tesi che limita l’operatività della volontaria esposizione al pericolo quale fattore interruttivo del nesso causale ove la vittima non comprenda il pericolo dell’esposizione, “così obliterando i profili di prevedibilità e di esigibilità fondanti la contestazione colposa”, M. Riccardi, op. cit., 23.
[59] Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 5.3 del considerato in diritto. Così, il carattere volontario dell’esposizione al rischio, presupposto della configurabilità di questa come fattore interruttivo, è stato escluso con riguardo alla condotta di un ragazzo di nove anni entrato di sera insieme ad altri minori in un cantiere e poi deceduto a causa della caduta dal solaio, Cass. pen., Sez. IV, 17 giugno 2014, n. 43168, par. 6.3 del considerato in diritto.
[60] Trib. Catanzaro, sent. cit., 29 ss.
[61] Trib. Catanzaro, sent. cit., 33.
[62] Trib. Catanzaro, sent. cit., 33.
[63] Trib. Catanzaro, sent. cit. 30 ss.
[64] Trib. Catanzaro, sent. cit., 30 ss.
[65] Trib. Catanzaro, sent. cit., 32.
[66] Trib. Catanzaro, sent. cit., 31.
[67] Trib. Catanzaro, sent. cit., 33.
[68] Trib. Catanzaro, sent. cit., 32.
[69] Trib. Catanzaro, sent. cit., 32.
[70] Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014 n. 38343
[71] Cass. pen., Sez. IV, 12 maggio 2016, n. 38200, par. 3.2 del considerato in diritto
[72] Trib. Catanzaro, sent. cit., 33.
[73] Trib. Catanzaro, sent. cit., 33.
[74] M. Riccardi, op. cit., 23 definisce il parametro della volontaria esposizione a pericolo quale “antidoto alla deriva oggettivistica connaturata alle forme di responsabilità ‘di posizione’”, ferma restando tuttavia, come visto, la critica alla rilevanza riconosciuta all’inconsapevolezza del pericolo. Invero, è bene ribadirlo, il diritto penale è chiamato a “ricercare responsabilità e non capri espiatori” (Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014, n. 38343, par. 13 del considerato in diritto; così, già prima, Cass. pen., Sez. IV, 23 novembre 2012, n.49821, par. 7 del considerato in diritto). La questione dei limiti alla responsabilità del garante della sicurezza ha trovato terreno fertile nel tema, certamente affine a quello oggetto della presente nota, dell’infortunio determinato dal comportamento colposo del lavoratore: in argomento, ex multis, A. Roiati, Rilevanza del concorso colposo del lavoratore nell’infortunio sul lavoro, in Cass. pen., 2008, 2869 ss.; D. Micheletti, La responsabilità esclusiva del lavoratore per il proprio infortunio. Studio sulla tipicità passiva nel reato colposo, in Criminalia, 2014, 323 ss.; C. Bernasconi, La problematica latitudine del debito di sicurezza sui luoghi di lavoro, in G. Casaroli, F. Giunta, R. Guerrini, A. Melchionda (a cura di) La tutela penale della sicurezza del lavoro. Luci e ombre del diritto vivente, Pisa, 2015, 16 ss.; L. Bin, Esistono anche dei limiti alla responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore imprudente: l’assenza di un rischio illecito alla base, in www.Dpei.it, par. 3, 23 aprile 2021.
[75] Trib. Catanzaro, sent. cit., 26.
[76] Trib. Catanzaro, sent. cit., 26. Inoltre, secondo quanto emerso nel corso dell’istruttoria, con buona probabilità, la vittima neppure era entrata nel piazzale a piedi (Trib. Catanzaro, sent. cit., ibidem).
[77] Trib. Catanzaro, sent. cit., 26.
[78] Il Tribunale cita, espressamente, Cass. pen., Sez. IV, 26 ottobre 2011, n. 38786 e Cass. pen., Sez. Un., 18 settembre 2014 n. 38343. Sul tema può richiamarsi, altresì, Cass. pen., Sez. IV, 12 novembre 2019, n. 51142, par. 1.1 del considerato in diritto. In argomento, ex multis, M. Donini, Imputazione oggettiva dell’evento (diritto penale), in Enc. dir., Annali, vol. III, 2010, 677 ss.; P. Veneziani, Causalità della colpa e comportamento alternativo lecito, in Cass. Pen, 2013, 1224 ss.; I. Giugni, Causalità della colpa e circolazione stradale tra prassi applicative e dubbi irrisolti, in Dir. pen. cont., 2019, 1, 5 ss.; A. Preve, Circolazione stradale e colpevolezza: la Cassazione valorizza la causalità della colpa, in SP, 23 novembre 202.
[79] Trib. Catanzaro, sent. cit., 27.